Tradizione e conservatorismi: fave nere per i Lemuri della Storia

Il punto di ogni analisi tradizionale dei fenomeni di rivolgimento storico non sta nell’individuare il marcio insito nel mondo precedente al fenomeno rivoluzionario in questione, sovente evocato quale alibi, ma nel valutare la valanga di putredine e vermi che scaturisce dal mondo successivo; un compito ingrato di cui ci si sta incominciando a dimenticare fin troppo spesso, non solo in quegli ambienti umani che pur si nutrirono di pane e di vero o presunto “tradizionalismo” bensì in tutti gli aggregati politico-sociali contemporanei dotati di un minimo di cultura e capacità di analisi, preferendo piuttosto individuare UN “nemico”, spesso morto e sepolto, ed assolvere fino all’inverosimile ogni misfatto di chi, a questo Ur-nemico atavico, si è storicamente contrapposto.

In questo, si nota una progressiva degenerazione dell’immaginario verso toni crepuscolari i quali, come raccomandò anche Evola nei suoi scritti specie post-bellici, non riuscendogli mai del tutto in prima persona essendo egli stesso ancora inficiato da qualche lascito di vecchio conservatorismo aristocratico, non devono farci indulgere nel nostalgismo nei confronti dello stato di putrefazione precedente, ma semmai spingerci ad un rivolgimento totale, ad un futuro radioso per sua natura eternamente simile al prisco passato mitico ed immemoriale, il quale sussiste eternamente come fonte purissima a cui attingere per cambiare la nostra realtà interiore, e per riflesso anche l’esteriorità che ci circonda. Ad ogni sensazione crepuscolare, dalla naturale malinconia romantica, persino rigenerante per l’anima se inscenata nei confini codificati dell’Arte come ben sapevano i nostri Avi, fino agli “atavismi del crepuscolo” evocati dal regime ipnotico vigente, bisogna contrapporre, o perlomeno sempre preferire quando si palesa una scelta, la potenza dell’Aurora, di un alba radiosa.

Ogni rivolgimento sociale, politico e religioso, naturale quanto i vermi o i corvi che fanno piazza pulita di una carcassa mezza marcia, oppure indotto da forze di varia natura, può rappresentare per un attimo una ventata d’aria fresca o uno spiraglio in cui cercare di aprire una finestra che schiarisca le tenebre: esistono Geni “specializzati” in questo, che possono “sporcarsi le mani” e fare quello che gli Dei non solo non fanno, ma che non potrebbero mai fare per loro stessa natura. Etnarchi, Potenze di Stirpe che, per pura legge di causa e di effetto, possono incarnarsi nei momenti e nelle forme più impensabili, condizionando persino le persone più distanti da qualsiasi permeabilità razionale verso il Sacro e verso una idea divina e non animalistico-laicale di Patria.

Inevitabilmente, però, il sommovimento, l’idea “nuova”, se non si abbevera di Eterno, lascia il passo all’invecchiamento, al rigor mortis e, se continua a propagarsi cambiando di forma, nella Storia, altro non può divenire che una persistenza psichica, una traccia astrale nell’Anima del Mondo; volendo semplificare, un fantasma; a quel punto la si può onorare, sotto forma dei Mani di un Antenato che ha compiuto il suo trascorso terreno, nei modi e nei tempi ritualmente stabiliti (ricorrenze scelte nei periodi più adatti, celebrazioni storico-sacrali, ecc.), aiutando quelle parti che furono state vicine all’Aurora ad emergere dal mortifero guscio come farfalle da una crisalide, per poi ascendere al rango di Lari, figure eroiche e semi-impersonali per loro caratteristica mondate dai cascami dell’io anagrafico. La seconda opzione, favorita da chi non controlla la sua psiche, o peggio è indotto da parte di eggregori psichici (sette, chiese, governi, partiti, gruppuscoli o anche molto di peggio), è quella di evocare continuamente tali memorie sotto forma di vere e proprie larve psichiche (il guscio, svuotato, della sopracitata crisalide di farfalla), di condizionamenti slegati, o veri e propri Lemuri (frammenti d’anima insoddisfatta, fantasmi) facendo leva sull’empatia (assolutamente naturale, ma che può deviare verso lo psicopatologico) verso chi, per quelle idee, è stato magari ammazzato, stuprato, trucidato e via dicendo. Così nascono antifascismi in assenza di fascismo, ghibellinismi in assenza di guelfi, giacobinismi in assenza del Re di Francia e così via… vere e proprie tracce psichiche di idee invecchiate e, naturalmente, morte assieme a chi le manifestò, evocate in modo non troppo diverso dalle larve e dagli spiriti con cui si gioca durante le sedute spiritiche, ossia coinvolgendo le emozioni: curiosità, potere, rabbia, paura ma anche empatia, simpatia, amore, voglia di fare del bene, ricordi…

Nella nostra tradizione i morti sono sacri, sono veri e propri Dei minori, ma si onorano nel tempo e nei modi prescritti: eccedere significa aprire la porta a gusci vuoti che dei nostri cari defunti hanno solo la parvenza, mossi in realtà da pura determinazione vampirica, o al peggio, da Enti avversi. A queste forze negative, generate dall’insoddisfazione, da una Psiche non del tutto liberata al momento della morte, magari avvenuta in gioventù o a causa di profonde sofferenze interiori prima che esteriori, il Romano-Italico, come i popoli coevi del ceppo Europeo, si rapporta in modo pio, ma fermo. Che siano frammenti d’anima insoddisfatta e non ancora ricongiunta al Fuoco della Stirpe e della Salvezza (familiare e pubblica, mai del tutto “individuale”, presupponendo l’inconsistenza dell’ “Io Anagrafico” nei confronti dell’ “Io Storico”) o veri e propri spiriti maligni addobbati di sembianze simil-paterne, il Romano getta loro fave nere e prega affinché la Stirpe sia redenta da ogni contaminazione; con il suono del sacro bronzo li allontana, senza disprezzo, poiché alla fine di Febbraio, Maggio, Agosto e ad Ottobre-Novembre onorerà con i dovuti Riti i suoi defunti, i suoi buoni Mani, che per Legge possono interagire con i vivi in sogno e per vincolo di Sangue, ma non scorrazzare in libera promiscuità con i viventi, mossi da correnti caotiche e disordinate, naturali\stagionali come anche evocate da “maghi neri” e “controiniziati”, non certo dalle loro forze. Un culto diverso, sempre onorato, è quello dell’offerta di Fuochi perenni, familiari, gentilizi come pure pubblici, alla dimensione dei Lari, la corrente ‘alta’, spirituale e purificata della Stirpe: una Potenza pura, ignea, immemoriale, senza età.

“Belli, Fiorenti, Sempre Giovani”, si dice dei Lari, come dei Sidhe della tradizione gaelica, degli Elfi della tradizione germanica, degli Eroi… Di questo in particolare abbisogna questo mondo deprivato del Sacro, intrappolato in una necropoli di ideologie profane, di scheletri di figure storiche, di scimmiottamenti dell’Impero condotti anche in ottima fede ma conclusi con la morte fisica dei loro fondatori, da cui corpi morti il Genio che eventualmente li ha ispirati se ne va inesorabilmente, non trattenuto da niente che sia con-forme al Sacro e al Rito. Del trattenere nel mondo i Geni che, per Legge di Simpatia Universale, sono stati assegnati alla nostra Stirpe e del fertilizzare la materia altrimenti semi-inerte con la Magia che da Essi scaturisce, non di “nuove idee”, destinate a puzzare di carogna nell’arco di una o poche generazioni, ha bisogno la nostra Italia-Hesperia e la Civiltà Europea tutta. Con questo pensiero nel cuore, gettiamo fave nere ai Lemuri di chi, all’interno della Stirpe ha sofferto, o fatto soffrire, morendo insoddisfatto e portiamo rose fresche ai nostri cari defunti che hanno vissuto con semplicità i loro limiti e i loro pregi assegnati loro dal Fato.

All’indomani, però, rinfocoliamo il Fuoco dell’ Eterna Aurora, e sacrifichiamo noi stessi alla sua Luce, affinché nel nostro mondo rinasca il Sole. Un Sole che è lo stesso del giorno prima eppure sempre nuovo e che non ammette lacrime per ogni volta che può essere apparentemente morto, solo per poi rinascere sempre in un coro di voci divine.

lupa

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