di Fedrìgh dji Bèli (tratto da Arya n°1, Marzo 2010 e.c.)
Tra i numerosi eventi da Noi organizzati negli ultimi mesi in Italia e in Europa vi è stato il piccolo itinerario nella vicina Carinzia, regione Europea dal fortissimo richiamo identitario, dove i rami della Tradizione si intrecciano e riemergono dalle profondità della Storia, riservando non poche sorprese a chi dovesse approcciarvisi arroccato nei propri intellettualistici preconcetti. Già da anni questa regione si distingue nella pervicace volontà di resistere alle istanze mondialiste contrapponendo la semplicità dei ritmi di vita della civiltà alpina alla bruttezza intinseca delle suburre euro-terzomondiste avanzanti. Ma non solamente un interesse per tutto ciò che di folklorico, contadino o “reazionario†vi si possa raccogliere o ingenuamente idealizzare ha spinto noi Esploratori Hesperiani, e la Via dell’Ambra, verso questo viaggio ma bensì una ricerca di Forze vive e vegete, seppur sotterranee e invisibili, che questo luogo continuano ad animare, pur assumendo diverse sfumature, nel corso della Storia. Nostro interesse, in Italia come in Europa, è riconoscere quei Luoghi in cui le forze Divine ed archetipiche si manifestano nella natura ‘magica’ ed unica del territorio e in essi ritrovare lo spirito originario degli Avi che vi hanno celebrato la perfetta armonia, nonchè gerarchia, tra le forze etnarche che esprimono il Genio dei popoli, quelle celesti ed olimpiche e in ultimo le ribollenti energie telluriche e geomagnetiche che avvolgono come vene pulsanti il corpo di Gaia immortale.
Il nostro viaggio ha inizio nella cittadina di Rosegg, a breve distanza tanto dal Friuli che dalla Slovenia, ridente località immersa nella quiete dei suoi boschi e di ricchi pascoli che abbiamo deciso di mantenere come base per il nostro itinerario. Tutta la zona è stata oggetto di numerosi ritrovamenti archeologici in particolare risalenti al periodo del popolamento celtico dell’area alpina orientale. Nei pressi della piccola frazione di Frög, era nostro fermo interesse visitare in loco uno dei più importanti siti archeologici riguardanti la civiltà celtica hallstattiana: una grande necropoli con sepolture a tumulo in gran parte racchiusa all’interno dell’archeoparco “Keltenweltâ€. Interessante l’accento che si pone su GOTTER (Dei), Graber (tombe) und Geschichte (storia), che credo possa dire molto sulla natura del giovane fenomeno del celtismo Austriaco, il quale non sembra ancora tarato dal duplice male che pare aver ormai disinnescato le possibilità di affermazione Tradizionale del celtismo nord-Italiano, vale a dire, da una parte un diffuso disinteresse verso gli aspetti religiosi della civiltà di questa parte dei nostri Avi, o la subordinazione di questa componente agli aspetti ludici e meramente rievocativi, mentre d’altra parte si assiste ad una pietosa e letteraria spartizione dei momenti rievocativi stessi da parte di più o meno improvvisate sette e congreghe tutte grossomodo riconducibili al carrozzone neo-spirituale della New Age (Ufologia, gnomi, druidi monoteisti di Atlantide, ecc… [sic]).
Al di là dell’interessantissimo profilo archeologico della evolutissima cultura di Hallstatt il museo non fa a meno di sottolineare, anche per mezzo di uno stupendo plastico in scala 1:1 di un matrimonio tra Stirpi, la profondità dei rapporti esistenti tra la civiltà hallstattiana proto-Karnica, i Veneti e l’Etruria, e tra queste e il mondo proto-germanico a Nord, sul Baltico, unite da una condivisione di valori e simbologia nonchè da un mercato comune che ebbe il momento di massimo splendore nella tarda Età del Bronzo. Non possono che tornarci alla mente gli studi di Camporeale ed altri eccelsi Etruscologi a proposito dei profondi rapporti esistiti tra Etruria e mondo transalpino in direttiva Sud-Nord e alle possibili origini Etrusche della civiltà Retica. Questo tra l’altro si riallaccia alla questione dell’origine delle Rune e dell’indubbio apporto del mondo alpino-Italico, con probabile mediazione Celtica, nella genesi di molti aspetti storicamente posteriori della civiltà Germanica, un argomento che approfondiremo in maniera più esaustiva su queste pagine. All’interno del parco vengono fornite informazioni sui ‘luoghi di forza’, all’incrocio di linee geomagnetiche che attraversano l’intera Europa, in cui i Celti erigevano le loro sepolture monumentali, i loro templi e le loro città . Gli Dei e la Mitologia vengono descritte come forze vive, a cui si può dare benissimo un nome diverso ma a cui è difficile, pragmaticamente parlando, “non credere”.
I percorsi tematici del parco, abbelliti tanto da ricostruzioni storiche quanto da pregevole arte contemporanea ispirata a tematiche naturalistiche ed ancestrali, si snodano attraverso una maestosa necropoli praticamente inviolata, dove solo alcune tombe sono state aperte accidentalmente dai minatori di piombo. Tra di esse, vi è l’enigmatica tomba di una donna, probabilmente una figura sacerdotale, incinerita e deposta su di un carro cerimoniale e dotata persino di armi, probabilmente di natura rituale. Tutte le tombe che sono state aperte, e probabilmente ogni tomba della necropoli, ospitano defunti di alto rango sacerdotale e nobiliare in larga parte incineriti e deposti nel proprio carro, accompagnati da simbologie Arie quali la barca solare, la croce solare tra le zampe di un uccello acquatico, il cavallo dal fallo eretto con un cavaliere armato, triskele e swastika, nonchè ruote solari dotate di 10, 12 oppure 16 raggi. L’immagine è quella di una civiltà estremamente evoluta la cui religione si avvaleva di simboli esoterici dal mistero profondo, che poco hanno a che vedere con meri ninnoli apotropaici.
E’ probabile che quei simboli si riferiscano a divinità le quali sono poi confluite nelle più canoniche ed antropomorfizzate deità del periodo lateniano prima e celto-romano poi, tra cui non possono che spiccare alcuni nomi che la memoria storica e la toponomastica ci hanno tramandato, tanto qui in Carinzia che in tutta l’area celto-romanza orientale. Si può dedurre dai pochi resti ritrovati durante il restauro di una torre medioevale, che sopra l’abitato si ergeva un’area dedicata a Kernunnos, divinità topica rilevantissima nell’intera macroregione basti pensare alla ricorrenza della radice “kern†nei toponimi come KARNia -sia ladino\furlana che tedesca-, KÄRNtern ossia Carinzia, CARNiola (Kranjska\Krain) -tra Austria e Slovenia). Nei pressi della necropoli si identifica invece, verso i colli che dominano sul fiume Drau\Drava, la cultualità di Iuno Noreia una divinità dotata di Chiavi e contornata da belve. Il suo culto non scomparve affatto nel periodo celto-romano, anzi, in questa fase storica la Dea divenne probabilmente ancora più popolare in quanto associata al Nomen del Noricum. La si incontra a questo punto anche in altre province romane, forse veicolata da soldati norici e celto-romani della Pannonia. Noreia fu identificata durante il periodo celto-romano con la dea Iside e il suo santuario centrale nell’omonima città di Noreia, nell’odierna Stiria, fu sempre frequentatissimo dalla Gentilità d’Occidente. I Mitologi la identificano anche con Ecate Trivia, non potendosi ignorare i rimandi simbolici del cane psicopompo e della chiave che ella porta; Parimerito la Dea è identificabile con Diana in quanto potnia theron che presiede alle nascite e alla vita animale, ma anche con Fortuna Primigenia, con la Reitia dei Veneti nonché con l’aspetto di Regina della Iuno Etrusco-Italica. Nulla rimane del suo sacrario a Frög di Rosegg se non una bella collina boscosa a guardia del vigile sonno degli Avi. Ma l’archetipo rimane, e a sorpresa ben più forte di quello di Kernunnos. Vagando per le plaghe carinziane può forse sorprendere come Noreia appaia tutt’ora nell’immaginario popolare come la si può vedere nell’immaginario rustico come insegna sulle taverne, nell’arte neo-classica di edifici e fontane, persino in alcuni loghi commerciali. Il Nomen del Noricum appare come tutt’altro che dimenticato, a prescindere e in aggiunta all’identità Austriaca, come completamento e motore animico Tradizionale e profondo di essa. All’interno dell’archeoparco è inoltre presente una ricostruzione di una immagine pre-romana della Dea all’interno di un recinto sacro, opera artistica contemporanea di eccellente valore simbolico-folkloristico.
E’ capitato ai presenti all’evento e a chi ha visitato il parco in precedenti occasioni, di osservare di persona di quanto essa sia oggetto di spontanea devozione, oltre che da parte del personale del parco, anche da parte di un vasto e folkloristico ensemble di personaggi “paganeggianti” che se ne prendono cura regolarmente e vi lasciano delle piccole offerte. Iuno Noreia, il Genio del Luogo, così come anche gli Dei Mani degli Avi della necropoli, sono stati da noi celebrati secondo Tradizione nella prassi della Pietas verso i Numi e i Luoghi cara al nostro Sodalizio, anche, ma non solo, per via di trovarci in un luogo così pregno della presenza degli Dei e degli Antenati nel periodo dell’anno legato alla festività galloromana di Samonios, affine tanto al Samhain dei Britanni insulari nel suo aspetto di comunione tra i membri di una stirpe trapassati compresi quanto al concetto del Mundus a fondamenta dell’Urbe romano-italica.
Spostandoci da Rosegg verso Ovest abbiamo raggiunto il sito archeolgico del Monte Gurina, presso Dellach, dove vi è stato ricostruito per intero, con possibile ricostruzione cromatica, il Tempio Celto-Romano di Ercole, ivi probabilmente identificato con Tarvos Trigaranos, probabilmente la stessa divinità che gli Etruschi ellenizzati identificavano talvolta con Vulcano, talvolta con Gerione o Eracle. Poco si sa di questo appellativo pangallico, che nel Pilastro dei Naviganti di Lutetia veniva associato alla enigmatica figura di Esus sospeso tra essere appellativo di Eracle, di Mercurio, di Marte oppure di tutte queste divinità allo stesso modo; è qui nell’area alpina invece un dio dei Monti, un forgiatore di Fulmini che si può supporre essere legato alla pastorizia e ai fenomeni atmosferici o forse un antenato divino.
Sicuramente ad Egli è dedicato il nome TARVisio, annoverandosi tra gli dei più importanti della regione e per questo tuttora presenti nella toponomastica. Questo nome divino è associato a figure teriomorfe dotate di corna taurine o a figure umane tricefale. In altre versioni, tra cui alcuni esempi ritrovati nel sito archeolgico del Gurina, il Nume è incoronato da una sorta di aureola. Molte informazioni sulla natura del luogo di culto, che in epoca arcaica aveva la natura di un grande fuoco acceso sulla sommità del monte, sono presenti direttamente sul luogo, sotto forma di una eccellente cartellonistica in varie lingue. La piccola trattazione in loco non manca di sottolineare ancora una volta i profondi legami dei culti locali con culti analoghi dell’ Etruria e del Veneto, dimostrando la stretta parentela, in epoca già pre-romana, tra mondo celtico, mondo italico e loro intermediari alpini. Le offerte votive ritrovate sul sito del Gurina corrispondono in buona parte a quelle ritrovate in siti della cultura venetica anche nell’uso del medesimo alfabeto, di origine italica come di contro ritroviamo il celtico Tarvos Trigaranos, identificato con il greco-romano Gerione, nelle alture attorno a Padova.
Una fotografia dei cartelli del sito archeologico è presente sulla pagina internazionale della Via dell’Ambra, per chi fosse interessato. Un altro aspetto delle attività legate al sito del Gurina che possono risultare rilevanti per un discorso pagano tradizionale è la possibilità di utilizzare la struttura per celebrarvi matrimoni, ovviamente di natura civile, una nota che non può non colpire le tante giovani coppie italiche che volessero unirsi in matrimonio in un luogo sacro della Romanità , pur non avendo ovviamente questo tipo di matrimonio alcuna parentela con una conferratio tradizionale. Non ci è stato in ognio caso possibile, a causa dell’inizio della stagione invernale, visitare l’interno del tempio dove la ricostruzione dell’effige prende posto in una nicchia delle pareti restituite ai colori della vita. La magia del tempio sul Gurina incoronato da maestose conifere e ammantato come un mistico sovrano da un fitto manto di nubi recanti la prima neve dell’anno, hanno acceso unanime in tutti i presenti il desiderio di ritornarvi il prima possibile e di onorare al più presto con la dovuta Pietas uno dei luoghi che possiamo dire tra i più cari al sodalizio della Via dell’Ambra.
Quello che si evince da tanti piccoli e grandi dettagli, percepibili nella loro portata solo a chi si reca sul luogo, in Carinzia, come ad esempio il fatto che coloro che non si riconoscono nel matrimonio cattolico percepiscano l’Herculaneum come sacro o comunque “importanteâ€,è l’innegabilità nel constatare che radici profonde stanno rimettendo qui i primi germogli. Senza nulla togliere alla germanicità della cultura squisitamente tedesca della regione e dell’Austria stessa, nonchè ai prolifici innesti Slavi (un 10% di Sloveni abita da sempre la regione) si nota chiaramente come qui si stia riscoprendo la millenaria presenza Celtica la quale, lungi dall’essere soppantata, la si ritrova, rivitalizzata ed arricchita, anche nell’Era Classica attraverso la Civiltà Romana Imperiale e in molti aspetti del folklore odierno. Ovvia anche la carica “politica” della questione: i confini si aprono e si avvicinano. Le chiavi di Noreia aprono le Porte del Passo di Tarvos per popoli da sempre fratelli, divisi solo dalla iniqua modernità post-cristiana. Karnia, Kranjska e Carinzia si riuniscono come sorelle ritrovate. Slavi Sloveni, Italiani Furlani e Germanici Carinziani riscoprono, dopo l’oblio didascalico e semplificante della modernità , che le loro radici sono intrecciate ancora più saldamente che tra “semplici” cugini indoeuropei, che questo luogo e questa comune substrato tradizionale rappresenta un nodo molto forte nella variegata e indissolubile trama dell’Europa. L’odio e l’incomprensione sfumano quando ci si accorge che oltre che da luoghi lontanissimi come Lazio, Scandinavia e steppe russe una parte consistente dei propri antenati è sempre stata li, unita dai Celti Karni e Norici e dalla Provincia Romana del Norico. Spesso a posteriori ci si accorge di come tracce antiche, anche profondamente ‘inconsce’ possano agire nella Storia e nei fenomeni socio-politici di oggi: credo che, analizzando l’immaginario identitario carinziano, possiamo dirci di fronte ad una di queste tracce, nel senso anche ampio del termine comprendente l’area semantica del termine sentiero. E’ stato importante verificare di persona e sentire la Forza di questa traccia in quanto, nella sua stessa essenza, la Via dell’Ambra ricerca e si impegna a riaprire questi sentieri che attraversano il nostro continente, la nostra Madre Europa, e a ristabilire i vincoli profondi che uniscono i popoli che la vivono e la amano da sempre. Solo per fare un esempio di come la potenza della Stirpe possa ancora agire in questi tempi degradati basti pensare a come l’Euroregione Mitteleuropa finanzi assiduamente progetti sullo stile di quelli di cui sopra, come se le antiche forze producessero continuamente anticorpi vincenti sulla spersonalizzazione dilagante negatrice dell’Identità . Da tradizionalista pagano non mi siedo sugli allori ne smetto di lottare scambiando lo scoglio per terraferma, intendendovi lo sperare passivamente nella riemersione del nostro mondo per via della sua “bontà †intrinseca, ma certo il mio cuore si rischiara quando anche una piccola porzione di ‘ciò che era’, lentamente ma prepontentemente, cerca di Essere, ancora una volta, come una radice che si fa strada nel terreno, aggirando gli ostacoli, inglobandone altri.
L’Herculaneum di Dellach, tempio ricostruito nel 2008 su modello degli antichi templi gallo-romani, identici a quelli del Nord Italia, presso il sito archeologico di Gurina, nella Valle del Gail. La Statua di Ercole e la porta di ingresso guardano a sud. In Estate qui è possibile celebrare matrimoni civili.
(fotografie di Via dell’Ambra Italia, eccetto se specificato diversamente)