Il Direttore del Grande Centro Commerciale sedeva alla scrivania. Fuori dalla finestra, cadeva la neve, copiosa, bianca, zigzagando dal cielo fino all’asfalto del parcheggio su cui finiva per unirsi a tutto il resto di paciugo nevoso che già giaceva sull’asfalto, e c’erano poi alberi addormentati , qualche prato innevato e tutto il resto. Faceva freddo fuori dal Grande Centro Commerciale, ma dentro al Grande Centro Commerciale c’era il riscaldamento; d’estate c’era l’aria condizionata. Nel Grande Centro Commerciale c’era grossomodo la stessa temperatura tutto l’anno. Di innevato, nel Grande Centro Commerciale, c’era solo la neve finta sugli alberi di Natale finti, portatrice di una percentuale di guadagno in più nelle casse dell’azienda. Tutto il resto era come in ogni altro giorno dell’anno. Entrò un impiegato, convocato dal Direttore:
“Buonasera. Taglio corto.” disse il Direttore. “Ho bisogno che tu lavori questa notte dalle 23 alle 5 del mattino.”
“Ah, beh, sì, certamente, come al solito. Stipendio orario aumentato del 20%?”
“15% stavolta, purtroppo le direttive dell’azienda richiedono meno sprechi.”
“Uhm…”
“Lo faccio per il bene dell’azienda, lo sai.”
“Naturalmente.” sorrise l’impiegato.
Entrarono altri impiegati a cui il Direttore disse la stessa cosa, e tutti ripeterono la stessa cosa. Tutti tranne un paio, più o meno scontenti dell’offerta che il Direttore faceva loro. Un paio di questi rifiutarono l’offerta. Entrò un impiegato in tuta rossa, il nome “Alberto Bellani” era scritto in blu sulla sua targhetta.
“Buonasera. Taglio corto.” disse il Direttore. “Ho bisogno che tu lavori questa notte dalle 23 alle 5 del mattino.”
“Mi scusi, me lo dice adesso?” rispose il Bellani strabuzzando gli occhi. “Sì, devi scusarmi se te lo dico ora.”
“Purtroppo non posso, è la vigilia di Natale.” Il Direttore rimase deluso.
“Hai lavorato di notte tutte le volte che te l’ho chiesto e ora no?”
“Non la vigilia di Natale.”
“Eh cosa succederà mai di così importante? Proprio per questa ragione mi serve più lavoro qui: tutti gli altri centri commerciali rimarranno chiusi, faremo un sacco di clienti.”
“Senza di me, io ho un altro impegno.”
“Ma dai…”
“No no, la vigilia di Natale devo stare con la mia famiglia.”
“In che senso?”
“Come in che senso? Sto con la mia famiglia.”
“No scusami, mi stai dicendo che tu perdi occasione di un guadagno extra simile per stare con la tua famiglia? No, dico io, capirei se avessi un impegno importante…”
“Mi sembra abbastanza importante.”
Il Direttore gli fece un cenno di delusione.
“Bellani, è grave questo.”
“Grave?”
“Eh certo che è grave. Non possiamo far funzionare una società con una simile mancanza di etica del lavoro… sarò costretto a scrivere un report su di te.” Bellani roteò gli occhi, non era rimasto impressionato. “A meno che tu non mi fai un favore. Che ne dici di smontare 3 ore dopo, adesso, ed entrare 3 ore prima domattina?”
“Si può fare… lo stipendio?”
“Standard. Te lo aumenterei del 15% se tu lavorassi di notte… ma visto che preferisci non esserci…. Purtroppo non posso fare altro, come sai non dipende da me, è per il bene dell’azienda.”
“Eh. Accetto allora.”
Il Direttore gli sorrise e lo congedò. Entrò un impiegato in tuta rossa, il nome “Marianna Geroni” era scritto in blu sulla sua targhetta.
“Buonasera. Taglio corto.” disse il Direttore. “Ho bisogno che tu lavori questa notte dalle 23 alle 5 del mattino.” La faccia della Geroni era un carico di odio e di stronzaggine.
“Non posso.” tagliò corto lei, il Direttore rimase basito
“Ricordati che per il lavoro di notte ricevi il 15% in più.”
“Non posso, è la vigilia di Natale.”
“Santo cielo Geroni, anche tu con questa storia del Natale!”
“Credo ci sia tutta la civiltà occidentale, ad avere questa storia…”
“Bah gli islamici non fanno storie per i negozi aperti a Natale. Comunque va bene, se hai altri impegni importanti, niente, ma… spero siano impegni importanti.”
“Preferisco stare a casa con mio marito e mio figlio.”
In quel momento, il Direttore si sentì il sangue nelle vene diventare freddo come la neve che cadeva proprio fuori dalla finestra.
“Eh no, scusa, no questo non è accettabile! È un affronto!”
“Mi scusi?”
“Come sarebbe a dire tuo marito e tuo figlio?”
“Mio marito e mio figlio.”
Il Direttore si aggrappò ai braccioli della sedia girevole con rabbia.
“Com’è che hai avuto un figlio?”
“Non credo sarebbe opportuno spiegarle i dettagli.”
“Fai la spiritosa? Quando ti ho assunta tu mi avevi assicurato di avere solo un moroso, e che non era una cosa seria!”
“Quello era cinque anni fa… insomma, poi l’ho conosciuto meglio ed è diventata una cosa seria e poi… può immaginare.”
“Io non sono pagato per immaginare. Sono pagato per far funzionare questo centro commerciale al meglio, e non posso farlo se i miei impiegati non collaborano… ma del resto poi scemo io che non ti ho mai visto il pancione, mi ero messo in testa tu fossi ingrassata, sai? Farò disegnare delle uniformi più attillate.”
“Ma esattamente che problema c’è se ho fatto un figlio?”
“Hai idea di che problema siano per il giusto funzionamento di una società le donne con figli? Me l’hai appena dimostrato tu: non vieni a lavorare per passare la notte coi figli. Inflessibilità , attaccamento a vecchi schemi, incompatibilità con i ritmi di una società globale… non abbiamo bisogno di questi soggetti. Mi spiace, mia cara, ma sei nata nell’epoca sbagliata per avere figli.”
“Dunque?”
“Dunque niente, non posso licenziarti ora, anche se lo vorrei, ma sappi che per questo lavoro non sei portata. Tornando a noi, potresti almeno smontare 3 ore prima stasera ed entrare tre ore prima domattina?”
“Eh, questo sì.” Quando la Geroni uscì era ancora più piena di odio e stronzaggine di prima.
Infine, entrò un impiegato in tuta rossa, il nome “Augusto Curini” era scritto in blu sulla sua targhetta.
“Buonasera. Taglio corto.” disse il Direttore. “Ho bisogno che tu lavori questa notte dalle 23 alle 5 del mattino.” Augusto rimase zitto roteando gli occhi.
“Che ti succede, Augusto? Non mi dirai che hai anche tu problemi, ho seriamente bisogno di…”
“Non è per quello, per lavorare stanotte posso lavorare… però, guardami negli occhi, sei sicuro, zio?”
“Direi proprio di sì.”
“Lo sai cosa succede stanotte?”
“Cosa succede stanotte?”
“La vigilia di Natale. Davvero vuoi tenere i supermercati aperti a Natale?”
“Non sarebbe meraviglioso? Poter comprare tutto senza che ci sia da badare se è estate, inverno, notte o giorno.”
“Ma a quale prezzo? La vigilia di Natale è un giorno importante.”
“E che sei cattolico adesso?”
“No, però rimane un giorno importante. Sennò, non avremo più giorni importanti. A parte che il Natale è mica tanto cattolico, lo sai, zio, che ce l’avevano anche nell’antica Roma?”
Direttore uscì un po’ dal suo ufficio a gironzolare per il centro commerciale: era incuriosito da cosa ci fosse di tanto speciale del Natale. Fece un giro nel reparto natalizio, che era dominato dal bianco, dal rosso e dal verde. Abeti di plastica con neve di plastica stavano sull’attenti per gli scaffali; e poi c’erano le palline rosse, blu, dorate, argentee, verdi eccetera eccetera. Il Natale era un grande tripudio di colori, e quella combinazione di colori, il Direttore sapeva bene, era stata studiata appositamente per catturare le emozioni dei clienti, così da spingerli a comprare di più. Un grande miracolo della scienza e della tecnica, certo, una bellissima orchestra di colori e di materiali finalizzata alla prosperità economica… ma niente che spingesse a passare la notte in compagnia dei parenti. Quei miracoli di colori e di plastica si ripetevano al grande centro commerciale più volte all’anno: a Natale, alla Befana, a San Valentino, a Pasqua, a San Patrizio e ad Halloween. In quel momento, il Direttore ebbe un lampo di genio. Nel mondo non c’erano solo i cattolici! Nei paraggi del centro commerciale vivevano parecchi musulmani e parecchi asiatici, in quel momento il Direttore capì: avrebbe pagato qualche studioso per informarsi sulle feste dell’Islam ed approfittare di ogni festa islamica per vendere aggeggi da festività anche ai musulmani. La stessa cosa avrebbe potuto farla coi buddhisti, con gli ortodossi, con gli induisti e con gli ebrei. Sarebbe potuto essere un ottimo investimento, c’era solo da calcolare i prezzi, i guadagni, le statistiche e scoprire se il gioco valesse la candela; c’era da mettersi al lavoro.
La notte era strana. Era rumorosa, non solo dei rumori della bufera, ma anche dei rumori indistinti che la mente del Direttore creava. Sembrava esserci del movimento al di fuori della finestra, e la tenda sventolava nonostante nella stanza non ci fosse alcun corso d’aria. Nel buio penetrava la luce della luna riflessa della neve, che sembrava farsi sempre più luminosa. Da fuori venivano suoni sempre più strani: voci di strane bestie, come ruggiti e gracchii. Il Direttore non riusciva a dormire, si alzò in piedi e si diresse verso la tenda per chiuderla meglio. La luce della luna aumentò di intensità , diventando come la luce del sole, e improvvisamente la finestra si spalancò facendo entrare un grande vortice di neve fredda nella stanza. Una figura umanoide entrò dalla finestra: un uomo dalla barba e i capelli castani lunghi e crespi, nudo, con due robuste gambe di capra, e con sulla testa due lunghe corna di cervo, con gli occhi di cervo che emettevano una luce rossa, ruggiva e scalciava nella camera da letto del Direttore. Una luce infuocata penetrò dalla finestra, un laccio di pelle cinse l’uomo mostruoso per la schiena e lo immobilizzò. “Ahahahahahahahaha!” rise il vocione di un omone. Entrò in un turbine di neve, neve stranamente calda, l’omone su di una slitta da neve trainata da otto di quegli uomini bestiali. “Ahahahahahahahaha!” rise ancora gioiosamente l’omone sulla slitta. Era un uomo grasso e robusto, enorme, vestito di un abito verde scuro di lana, che teneva in mano una torcia di legno. “Ahahahahahahahaha!” rise e gettò sul pavimento una manciata di piccoli semi. Dai semi crebbe improvvisamente un pino verde smeraldo, e dal pino nacquero immediatamente dei frutti: arance, mandarini e limoni dei colori del fuoco, grandi come una testa umana, che emettavano luce e calore in tutta la stanza. Sempre ridendo sornione l’omone levò una mano e dalla sua manica verde fuoriuscì un fiume di dolcetti di cioccolato e di zucchero bianchi, verdi e rossi. “Auguri! Auguri!” rise l’omone. Con un gesto della mano fece comparire delle candele bianche, verdi e rosse su ogni ripiano della stanza e sulle corna degli uomini mostruosi e con la sua grossa torcia di legno le accese; la fiamma delle candele era arancione come la fiamma di un camino, e l’odore era quello del muschio sulle conifere d’estate. “Ahahahahahahahaha! Auguri!” disse l’omone al Direttore.
Chi sei tu? Cosa fai in casa mia? Sei un sogno, vero?”
“Sono un sogno eccome ahahahahahahahaha! Ma un tempo ero realtà ! Mi presento, sono lo Spirito del Natale Passato, ma in realtà non sono mai passato!”
“Non ti capisco. Cosa cerchi da me?”
“Io sono la luce del Sole da settentrione, sono il fuoco che brucia nelle notti d’inverno, da dove vengo io tutti regalano tutto, e niente chiede niente in cambio, per questo ti porto un regalo.”
“Un regalo?”
“Un regalo, sì, ti porto in dono un ricordo.”
“Quale ricordo?”
“Sali sulla mia slitta!”
“Un momento, vado a mettermi la giacca.”
“Non ti serve la giacca, non fa mai freddo nei ricordi!”
Il Direttore salì sulla slitta dello Spirito, lo spirito rise e agitò il laccio di cuoio che legava gli otto uomini mostruosi, i quali all’unisono fecero ticchettare gli zoccoli sul pavimento, corsero verso la finestra, e poi spiccarono il volo sulla città . Dalla slitta dello Spirito, il Direttore vide tutta la città come non l’aveva mai vista: coi tetti di neve bianca, e le strade di neve inbluita dal cielo notturno e ingiallita dai lampioni, dalle finestre, dagli alberi di natale scintillanti e dai fari delle auto, e poi la campagna, somigliante ad un lenzuolo estivo disteso, con intarsiature di verde.
Davanti al giardino di una casa illuminata, con un albero di natale pieno di palline multicolori, la slitta atterrò e lo Spirito disse: “Guarda dentro, dalla finestra.” il Direttore si avvicinò e guardò: c’era una cena della vigilia di natale, con tante persone che ridevano e mangiavano. I loro discorsi, però, il Direttore non li riusciva a sentire bene.
“Non è cambiata per niente ora che lavora per me.”
“Sì, sono passati anni, ma lei sembra ancora giovane.”
Dalla porta entrò la madre della Geroni, ebbero una piccola conversazione e la madre uscì dalla sua stanza. “Povera cara…” commentò lo Spirito del Natale Passato. “Qualcuno quest’anno le ha fatto passare proprio una brutta vigilia di Natale…”
Continuarono a camminare per le case, e capitarono in un quartiere senza luce elettrica, con lampade ad olio e case di legno. C’era un alto fuoco, e c’era una lunga tavola apparecchiata e piena di candele bianche su cui mangiavano tante persone, ridendo, qualcuno era chino a terra a giocare a dadi, attorno al fuoco quattro donne danzavano tenendo delle torce nelle mani, una donna rimproverò un bambino: “Fai il bravo, o ti porteranno via i fauni!”, tutti si scambiavano piccoli doni, nell’aria si levava una musica gioiosa. “Non sentono freddo?” chiese il Direttore. “No, non si sente il freddo nel giorno più luminoso dell’anno.” Rimasero lì in piedi per un po’ ad osservare la festa e ascoltare la musica. “Vieni, ti devo riportare a casa ora.” disse lo Spirito.
Salirono sulla slitta, e pian piano tornò la città , il Direttore rivide la sua casa. “Dormi ora… e auguri!” sorrise lo Spirito facendolo scendere, “Ahahahahahahahaha!” rise ancora dileguandosi nel cielo trainato dagli otto mostri. La camera da letto ripiombò nell’oscurità .
III
Scosso dal sogno che aveva appena fatto, il Direttore non riuscì a prendere sonno benissimo. Passò un tempo inquantificabile tra il sonno e la veglia, con gli occhi semichiusi e la bocca aperta ad inspirare l’aria fredda di Dicembre. Nella torbidità delle sensazioni, piano piano la stanza cambiò colori. Da blu e scura, era diventata gialla e luminosa; nella stanza ci doveva essere una fonte di luce che prima non c’era.
“Chi sei tu?” chiese il Direttore. “Un altro giochetto della mia mente, vero? Vai via, ti prego, ho sonno e domani devo lavorare.”
“Io sono lo Spirito del Natale Presente!” gli rispose la voce di un bambino facendolo sobbalzare e alzare dal letto.
Vide finalmente la fonte della luce, o meglio non la vide: una figura umana era in mezzo alla sua camera da letto, e a vederla il Direttore sentì male agli occhi da tanto che era luminosa. Dopo molte lacrime, i suoi occhi si abituarono alla luce e la figura iniziò a distinguersi: un bambino alto circa un metro, con una lunga tunica bianca a coprirlo, lasciando fuori un paio di piccoli piedi nudi. Il suo volto aveva la pelle bianca come il latte, gli occhi neri e dei lunghi capelli biondi che ricordavano le crine di un cavallo bianco, e una corona di alloro verde gli cingeva la testa raccogliendoli. Sorrideva, sorrideva sempre e guardava l’uomo negli occhi, fisso, infondendogli un senso di gioia. Nella mano destra teneva una piccola candela bianca che riempiva tutta la stanza di luce, ma ad emettere la luce più grande era la sua pelle, che brillava di luce propria, forte e calda come la luce del Sole. La sua voce era dolce come il canto del picchio in primavera: “Sono venuto qui per portarti la luce.”
“Non è la prima volta che fa così. Diresti, che poteva essere lui il mio uomo?”
“No, non me l’hai mai detto.”
“A vent’anni lo conoscevo… e poi è cambiato, problemi suoi.” Il bambino cominciò a piangere, i genitori si alzarono e la madre lo cullò. Il padre cominciò a suonare il violino.
“Si addormenta sempre benissimo quando tu suoni…” sorrise la madre. Finirono la cena e poi bevvero un po’ di liquore, si sdraiarono sul divano.
“Per convincerlo? Non credo proprio… mi troverò un altro lavoro. Dubito comunque che avrei fatto quel lavoro per molto.”
“Sei sicura?”
“Sì.” la Geroni rimase mogia sul divano, il marito la accarezzò. “Ti prego, suonami qualcosa.”
Il marito cominciò a suonare una musica dolce. La donna sorrise. “Buon Natale amore…” Lo Spirito del Natale Presente parlò: “Non sono rimasti in molti ad amarti, guarda un po’…”
“Abbiamo capito che è tuo zio, ma mica puoi difenderlo.”
“Ah no, non lo difendo mica, anzi, gli auguro un buon Natale e gli auguro che possa stare male per tutte le sue porcate di una vita, e contro ogni pronostico diventare un uomo migliore,” disse Augusto levando il bicchiere. “Auguri!” e bevve un sorso. Il Direttore si sentì piangere.
L’immagine si fece sempre più sfocata, ebbe svariate altre visioni: mercatini di Natale illuminati da qualche parte in Germania o nei paesi scandinavi, soldati siriani celebravano con le candele in mezzo alla polvere da sparo, bambini che scartavano i regali e attori di Babbo Natale in tutto il mondo, che davano consigli ai bambini su come essere più buoni.
“Che ti succede, Spirito?”
“La candela si sta sciogliendo…” rispose lo Spirito. “Io mi sto sciogliendo…” aggiunse con la sua solita aria sorridente.
“Non puoi stare ancora per un po’? Fammi ancora vedere…”
“Non posso, il presente non dura mai abbastanza…” sorrise lo Spirito mentre il suo corpo e il suo volto diventavano una luce bianca indistinta, sempre più fioca. Ci fu un ultimo bagliore così forte da far male agli occhi, e poi l’uomo si ritrovò al buio, seduto, in mezzo alla sua stanza.
IV
La notte divenne buia. Un suono scosse il silenzio, il latrato di un cane in lontananza. Un secondo cane rispose abbaiando, e poi un terzo… lentamente, i cani fecero un enorme concerto di latrati. Che sta succedendo? Si chiese il Direttore mentre i latrati e gli ululati non lo lasciavano dormire. Sentì altri rumori: passi. C’era qualcuno nella sua casa.
Quel cunicolo conduceva in un vero e proprio labirinto di scale, scalini, porte e corridoi. In ogni corridoio c’erano porte chiuse ai lati. In breve tempo il Direttore perse l’orientamento in quel dedalo di segrete, ma lo Spirito, al contrario, aveva l’aria di sapere dove stessero andando. “Dove stiamo andando?” le chiese. Nessuna risposta. Dopo molto tempo che camminavano lentamente nel buio, lo Spirito gli fece il gesto di fermarsi, si avvicinò ad una delle innumerevoli porte, prese in mano una delle chiavi della sua mano destra e la aprì.
“Sviluppo e progresso!” esclamò la voce gracchiante di un uomo vecchio. Era l’uomo che guardava la televisione, ed era l’uomo più brutto che il Direttore avesse mai visto: la pelle grigia e rugosa, due grosse borse sotto gli occhi, i capelli crespi e due occhi pieni di venature rosso sangue.
“Rifiuto di farmi mettere nel cervello oggetti per farmi dormire solo tre ore a notte, esatto.” il vecchio Direttore ridacchiò come ridacchiano gli uomini malvagi.
“Coglione!” sputò “non troverai mai più lavoro se non accetti i miracoli dell’ingegneria neurologica…”
“Se è una sfida la accetto.” disse l’uomo uscendo. Il Direttore, quello giovane, sentì una strana sensazione; lo Spirito gli fece cenno di seguirlo, aprì la porta dello studio e tornarono nel dedalo di cunicoli di mattoni.
Una seconda porta fu aperta dallo Spirito: il Direttore vide Augusto, un po’ invecchiato, in ginocchio, con la bocca sanguinante. Attorno a lui c’erano tre uomini molto forzuti in uniforme blu.
“Saturnalia, Ambrogio, Teodosio, Macrobio… questo come cazzo lo spieghi?” sbraitò ad Augusto uno di loro, reggendo un libro nella mano sinistra.
“Te l’ho già detto…” bofonchiò Augusto, piangendo. “Non mi ricordavo di avercelo in casa.”
“Mi prendi per il culo? Nessuno si dimentica di avere queste cose in casa!” rispose l’uomo forzuto estraendo un manganello. “Portatelo via!” ordinò dando un colpo sulla schiena di Augusto, facendolo tossire e rantolare. “Mi fanno schifo quelli come te, bastardo!”
Tornarono a camminare per i corridoi angusti.
“Tu, Spirito… non puoi dirmi quello che sta succedendo, come sta succedendo, e tutto il resto…” le chiese il Direttore spaventato. Lo Spirito si fermò, fece di no con la testa e poi proseguì. Gli aprì altre porte e il Direttore vide tutto quello che si aspettava di vedere: paramedici rubargli oggetti di valore in casa, mentre lui giaceva morto sporco di saliva e feci sul suo letto. Un funerale senza astanti, e poi il suo corpo inviato ad un Centro di Rendimento Energetico della Morte.
“Puoi dirmi almeno come posso evitare che tutto questo accada?”
Lo Spirito si girò verso di lui, levò la lanterna e poi la sventolò a destra, a sinistra, a destra e a sinistra… la testa gli dondolò, si appesantì, e crollò. Si svegliò nel suo letto, che ormai fuori albeggiava.
V
Il Direttore si lavò, si vestì, fece una piccola colazione e arrivò l’ora di andare al lavoro. Ma non aveva nessuna voglia di andare al lavoro, invece scrisse a sua madre e avvertì che sarebbe arrivato per il pranzo di Natale verso l’una del pomeriggio. Indossò la giacca e uscì.
La tempesta era finita, e ora il paese era tutto coperto di un puro bianco, non ancora solcato da alcuno stivale. Dai camini fluiva il fumo, bianco come la neve, e c’era un dolce silenzio, interrotto un momento da una macchina spanditrice di sale. Il Direttore accese la macchina, e fu il primo, quella mattina, a fruire delle strade disgelate in mezzo alla campagna tutta bianca. Andò in banca, ma la banca era chiusa. Giustamente, del resto è Natale si disse, e cercò al telefono una banca aperta nei paraggi. Non trovandola, accese il portatile e si risolse a usare l’home banking: fece bonifici a tutti i suoi dipendenti, e a tutti i suoi dipendenti messaggiò, comunicando di aver accreditato gli indennizzi dovuti per il lavoro di notte, o per il lavoro straordinario.
Alla Geroni invece non messaggiò, ma telefonò, lei non rispose. La capisco se non vuole sentirmi si disse, e tornò in macchina. Mentre guidava, la Geroni gli telefonò e non ammazzandosi per poco il Direttore rispose. “Geroni, pronto. Come stai? … Ascoltami, ti devo chiedere scusa per come mi sono comportato ieri. Stavo sragionando: non intendo affatto licenziarti…le politiche della società sono quello che sono, tu semplicemente del fatto che hai avuto un figlio non lo dire a nessuno e vedrai che nessuno saprà niente. Certo, se qualcuno ai piani alti della società lo scopre tu resti a casa, io ho le mani legate… ma se qualcuno lo scoprisse non lo scoprirà da me, te lo prometto… Buon Natale anche a te, Geroni.” sorrise al telefono il Direttore.
Arrivò a casa di sua madre. Lo avevano aspettato per mangiare. Mangiarono, si scambairono doni e auguri e risero.
“Lei, dunque, per un sogno si è comportato in questa maniera?” “Sì.” “Lo sa, vero, che era solo uno stupido sogno?” “Sì, forse lei ha ragione, forse era solo uno stupido sogno.”
Si congedò dopo qualche minuto da quella telefonata, e rimase per qualche minuto in silenzio, a pensare.
***
Molti anni dopo, una bara fu interrata. Due becchini vi sedevano sopra prima di mettersi al lavoro, uno di loro rollava una sigaretta.
“Porca puttana, mi è caduto il filtro.” “Vieni te lo rimetto dentro io. Guarda, per prima cosa devi riallargare il buco, che non puoi infilare cose grosse nei buchi piccoli.” “Eeeeeh…” “Eeeeeeh vedo che mi capisci.” “Senti un po’, ma dobbiamo seppellirlo ora?” “Bah, possiamo anche farlo dopo, tanto di sicuro di qua non si muove.” “Io ho fame.” “Andiamo al giapponese?” “Andiamo al giapponese.”
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