tratto da Arya n°5
Con questo articolo, inauguriamo qui sul blog la riedizione dei nostri reportage di viaggio raccolti negli ultimi anni tra le pagine di Arya.
Auguriamo dunque buon viaggio anche a voi, Amici e Sodali, lungo le strade d’Hesperia e di Europa!
La società moderna, tra le numerose nefandezze alle quali ci ha abituato, ci ha regalato anche la possibilità di ampliare i nostri orizzonti in maniera eccezionalmente ampia, non solo in termini intellettuali, ma anche dal punto di vista fisico. La possibilità di spostarsi sempre più velocemente verso mete sempre più lontane è senza dubbio uno dei segni più tangibili della modernità , possibilità che il Gentile deve amministrare sempre con parsimonia e mai con smodatezza, come di ogni altro bene disponibile sulla terra o nell’animo.
E’ comprovato come la maggior parte della gente non si muova mossa dalla curiosità , bensì dalla “diceria”.
Il turista non si reca infatti dove non sa che cosa troverà bensì dove sa già quasi tutto del luogo, poichè egli non ha alcun interesse a scoprire nuove realtà , bensì a consumare un certo tipo di prodotto, quand’anche esso sia emozionale o culturale, già selezionato, un costume, se ci pensiamo, ben figlio della società dei costumi nella quale viviamo. Siamo qui lontani anni luce da quel viaggiare di cui giovani inglesi e tedeschi si fecero cultori tra settecento ed ottocento, esplorando l’Italia, veri e propri maestri di come si può conoscere l’Anima di un luogo, non passandoci, ma vivendoci, seppur in maniera temporalmente transitoria.
Si badi bene che qui non si parla di vivere nel senso di “stabilirsi in un luogo”, bensì di vivere nel senso più completo del termine, ossia andando a fondo nella nuova realtà nella quale ci troviamo, fin negli aspetti più intimi o insignificanti. Il vivere in un luogo, non significa necessariamente abitarci, bensì anche svolgere, per un determinato periodo le proprie funzioni vitali all’interno di questo nuovo territorio. Questo implica che il viaggiatore Gentile si deve armonizzare alla Terra che si troverà a visitare in maniera totale, aprendo le porte ad un’osmosi positiva tra la propria anima e quella Cittadella Spirituale al centro del cuore dove egli conserva le memorie, la storia e la natura atavica della propria Terra d’origine, immutabile e incancellabile da qualsiasi suggestione, per quanto potente essa possa essere.
Il viaggiatore Gentile, che è anche lo stereotipo dell’Esperiano, respira l’aria del nuovo paese, beve l’acqua delle sue fonti, si nutre dei suoi frutti, che provengono dalla terra, dall’acqua e dall’aria di quel paese, e che sono stati cotti su fuochi ardenti legna di quel paese; egli dunque prende con grazia, e perciò, in quanto Gentile egli dovrà prima di ogni altra cosa, appena messo piede nella nuova terra da visitare, o nella quale transitare, compiere il rito di omaggio al Genius Loci, il quale non ha solamente la funzione di Saluto verso la Forma Locale degli Dei , bensì, più concretamente è anche e soprattutto l’omaggio e la richiesta di Clementia agli spiriti locali, entità enigmatiche e misteriose, che vanno dalle forme più banali di ombre fino
a vere e proprie Divinità , per il disturbo e la disarmonia che il visitatore sta temporaneamente creando.
Ogni uomo, muovendosi dalla terra in cui nato crea, volente o nolente, una piccola disarmonia, disarmonia che la ritualità romano-italica consente di ovviare e riparare attraverso il semplice omaggio del quale si è parlato poc’anzi. E’ da sottolineare come probabilmente una consistente parte del degrado mentale che porta al dissolvimento del senso di Patria nel concetto di Sangue e Suolo, in favore di ben peggio, sia dovuto anche al secolare vizio di non curarsi più, o di non farlo nella maniera più ottimale, di riarmonizzare le perturbazioni sottili che creiamo allontanandoci e muovendoci dalla nostra sede naturale, nella quale, quand’anche non la capissimo, è bene ricordare che siamo nati con un preciso scopo nel grande copione teatrale dell’esistenza. Il viaggiatore Gentile, essendo riconoscente verso la Natura, è certo che egli amerà immergersi in essa ed ammirarla nelle sue differenze e somiglianze anche quando si troverà a viaggiare in un nuovo territorio. Una delle tante domande che egli si potrà porre, è senza dubbio “quale dio abita qui? E i miei Dei sono anche qui oppure permeano solamente la mia terra?”. Il buon pagano sa molto bene come tutti gli Dei derivino dalla medesima vibrazione primigenia, che se vogliamo possiamo individuare, in maniera più romana, nel Deus Deorum Ianus, e che essa, come una luce attraverso un diamante, riflette in maniera differente a seconda della sfaccettatura attraversata, nonchè rispetto al punto dalla quale ci apprestiamo all’osservazione. Se la luce apparirà diversa, per intensità e colore, anche gli Dei, che sappiamo essere ogni singola sfaccettatura del diamante, ci appariranno diversi mano a mano che ci spostiamo attorno al diamante. E’ per questo motivo che ogni popolo ha ravvisato sfumature diverse, se non proprio connotazioni differenti a tanti Archetipi – forza presenti nella Natura che ci troviamo ogni giorno ad osservare. Per questo motivo il Pagano, uomo centrato e Colto, nel senso nobile di questa parola, è a conoscenza del fatto che gli Dei della sua terra d’origine sono sempre attorno a lui in quanto presenza ma non sono attorno a lui in quanto rappresentazione. Gli Etnarchi del gentile in viaggio sono in lui, ma non attorno a lui; sono attorno a lui solamente se consideriamo le forze primigenie in quanto tali, prima che arrivino al prisma adamantino, le quali sono la Vera Natura delle Divinità . Per cui, alla seconda domanda postasi sopra, il pagano risponde “entrambe le cose” senza nessuna incoerenza. Tuttavia, il pagano che si rivolgerà alle Divinità , per un qualsiasi motivo, trovandosi fuori dalla sua terra natìa, si curerà di abbinarvi, quando possibile, gli appellativi e le sfumature più aderenti a luogo nel quale sta vivendo piuttosto che la pedissequa ripetizione della ritualità “casalinga”, e questo non solo per ragioni di armonizzazione o di rispetto verso le Realtà locali, aspetti mai sottolineati abbastanza, quanto anche per una ragione essenzialmente pratica: come spostandoci da un luogo all’altro dobbiamo cambiare frequenza radio per captare in maniera distinta una stazione, così il celebrante deve saper giostrare bene l’aspetto locale e quello d’origine onde utilizzare al meglio il canale appena aperto.
Per qualunque ragione il nostro viaggio venga compiuto si trovi il tempo di esplorare, il nuovo luogo nel quale ci troviamo. Ci si prenda il lusso del coltivare un sano otium nel luogo dove si è appena giunti, onde sintonizzarsi meglio su tutti i particolari che spesso più ci sfuggono, per esempio i suoni, i profumi, il clima, e tutte le vibrazioni che, tutte assieme, sono il respiro del Genio Locale.
Evitiamo quindi di correre come forsennati, come fanno i turisti, da un monumento nazionale all’altro, ormai trasformati quasi ovunque in attrazioni da luna park o in tornelli per “studenti” ignoranti la cui sola aspirazione è la maratona alcolica del dopocena. Paganamente cerchiamo il Genio del luogo nelle strade poco frequentate, nei piccoli paesi di campagna, nella forma di una finestra, nella foggia della tenda dietro di essa, nello spiovere di un tetto o nell’odore di un’osteria, poichè questa è la Quotidianità Tradizionale vissuta ogni giorno da un Popolo, mentre il Monumento Nazionale, quand’anche azione faustiana tesa all’infinito, si trova momentaneamente sclerotizzata in una musealizzazione snaturante della quale forse, non tutti sono innocentemente inconsapevoli. Cerchiamo dunque la realtà e non l’eccezione, perchè solo chi ha il coraggio e la pazienza di immergersi nell’ordinarietà di una terra, di una nazione, avrà poi non solo la voglia, ma anche l’emozione estatico-orgasmica di comprendere i guizzi di esse verso l’Eternità e di capirne gli scopi. Sostituire così lo stupore dell’ignorante, ossia la Sindrome di Stendhal, con l’Estasi del Sapiente (colui che conosce).
Non è infatti fuori luogo parlare di approccio seduttivo, tra la terra visitata ed il viaggiatore. Esso può andare a buon fine o meno, ma sempre di un unione, suggellata dallo scambio di Energie e non solo, si tratta. Si trovi finalmente il coraggio di scambiare parti di sè con la Terra che già ci offre le sue. Solo la lingua di un popolo può portarci alla conoscienza della sua anima più vera, non solo ascoltiamo musica in lingua, ci sforziamo di leggere in lingua locale, ma proviamo altresì a parlarla, a viverla a captare nella fonetica delle singole parole tracce di quella sfumatura che riverbera del diamante divino che su di noi riflette la luce primigenia dell’universo. Evitiamo il più possibile le lingue franche, veicolo di modernità e omogeneizzazione e cerchiamo di approfondire le lingue locali. Rivolgiamoci in lingua locale alle persone con le quali ci troveremo a rapportarci, esse, nella maggior parte dei casi, non si indisporrano cogliendo la nostra scarsa competenza, ma apprezzeranno la nostra volontà di armonizzarci alla loro realtà , sentendosi apprezzate. Stabiliremo, quindi, un contatto.
Se noi siamo in cerca dell’Armonia con il luogo che visitiamo, e noi sappiamo che siamo ciò che mangiamo, sforziamoci, in visita in altre località , di slegarci dalle catene dell’opprimente familismo alimentare che affligge gli Italiani, e di provare non solo ad assaggiare od a gustare le pietanze locali (cibi, prima di tutto, e non specialità ), bensì nutriamocene. Il Gentile, nell’atto del cibarsi di una pietanza Straniera visualizzi, se li conosce, gli ingredienti che la compongono, visualizzi il crescere di una verdura, il suo venire dolcemente
allevata dal sole di quei luoghi, connotato espressamente di diverse sfumature (Il Sole, maschile in Italiano, Die Sonne, femminile in Tedesco), il sapore dell’acqua e il rumore di quelle piogge, che ogni viaggiatore accorto saprà che sono differenti da luogo a luogo. Il Sole, sostantivo maschile nella lingua italiana, è il sole rovente del Mediterraneo, il giovane dio Sol, che trionfa come giovane guerriero incoronato di fiamme il giorno del Solstizio d’Estate, die Sonne è il gentile sole nordico che non scotta ma accarezza, discreto,
dolce come una Donna.
Si visualizzino le mani che con Amore hanno modificato quel Dono della Natura, portandolo a noi nella sua locale sfumatura, e si tenga a mente, che la forza che ha permesso a quelle mani di impastare, modellare, mescolare ciò che mangiamo esiste perchè la stessa terra ha nutrito da sempre i muscoli di quelle mani, ed in quel momento, noi effetuiamo una vera e propria “comunione” con la Terra ed il Popolo che stiamo visitando, presso il quale viviamo. Idem per ciò che si beve. Se dobbiamo nutrirci di prodotti impastati o creati industrialmente, tanto varrebbe cercare di rimanere a casa piuttosto che di muoverci, non ne troveremo alcun arricchimento; sforziamoci perciò, esplorando assolutamente a casaccio, di trovare luoghi veri e vivi, che non è necessario che siano “tipici”, termine che ha molto il sapore del museo, ma che rappresentino bene la vita quotidiana di quel Popolo, di quella Terra, ancora non contaminata dal germe della modernità . Cerchiamo di ascoltare la musica dei luoghi che stiamo attraversando, capiamone i testi e mettiamoci in sintonia con le vibrazioni che ogni strumento ci comunica, con l’epoca in cui è stato
scritto, e anche con cosa può ispirarci per il futuro. Onde metterci meglio in sintonia con tutti questi aspetti, approcciamoci anche, sempre con la giusta misura, alla tanto vituperata pratica del viaggiare individualmente, poichè così apprenderemo meglio il silenzio e ci troveremo al di fuori della nostra comunità .
Il trovarsi al di fuori della nostra comunità non può che portarci, per forza di cose ad aprirci all’esterno, in questo caso il luogo che visitiamo, portandoci a diventare maggiormente ricettivi verso tutto ciò che gravita attorno a noi. Per certi aspetti dunque la solitudine è la condizione propedeutica per l’assorbimento di quanti più elementi possibili del nuovo luogo nel quale ci troviamo. La presenza dei Compagni di Viaggio, a sua volta favorisce la condivisione di ciò che si assimila, esattamente come mangiare in compagnia rende più piacevole il banchetto, ma non soltanto riceviamo piacere, ma attraverso gli altri possiamo cogliere ancora più sfumature, che alla nostra personale sensibilità possono essere sfuggite o sono state interpretate in
altro modo, il tutto senza mai snaturare la nostra Natura o ancor peggio rinunciarvi, il che ci porterebbe prima di tutto a negare l’evidenza: non possiamo infatti cambiare la nostra materia prima, possiamo solamente rinnegarla o far finta di non vederla, ed in secondo luogo a perdere la condizione di Pax Deorum stipulata con gli Dei della nostra Terra, che hanno contribuito alla costituzione non solo della nostra anima ma anche del nostro corpo fisico. Viaggiare, e non spostarsi. Unirsi, scambiare, mai mutare. Così deve riscoprire il senso del Viaggio l’uomo tradizionale Gentile e in special modo l’Esploratore Hesperiano, dicitura nella quale sottolineo energicamente il termine esploratore, poichè il termine è stato coniato proprio pensando a
questo tipo di approccio al viaggio e non certo pensando al navigatore, all’astronauta o peggio, al pioniere della Repubblica Democratica Tedesca. Solo colui che viaggia con coscienza può essere aiutato, da questa possibilità messaci di fronte dalla modernità , a comprendere meglio sè stesso e ciò che è, quindi anche la sua Terra ed i suoi Dei, mentre colui che non viaggia ma si sposta (con tutta l’accezione di “trasloco” -di abitudini, frustrazioni, pulsioni- che esso comporta), come i turisti fanno altro non potrà fare che contribuire all’edificazione, oltre che all’essere vittima, di una società sempre più succube allo snaturamento economicistico, alla de-sentimentalizzazione, alla mancanza di intimità ed infine alla più totale, triste e sterile omogeneizzazione, prima che di Culture, di Sensazioni, portando così il Monoteismo al di fuori del piano meramente dottrinale, fino alla sua sintesi più concreta, vale a dire la realtà quotidiana, mettendoci di
fronte a tutta la sua intrinseca pochezza quando però sarà ormai troppo tardi.