Hesperia – Il Ritorno di una Civiltà Arcaica

Tratto da ‘Orde Hesperiane’, inserto musicale della rivista Arya, di Fedrìgh dij Beli. E’ possibile scaricare tutto il numero 3 della nostra rivista facendoci una richiesta d’amicizia su Facebook e richiedendo di iscriversi al Gruppo “Amici degli Esploratori Hesperiani”. Fra i file condivisi è presente l’interno terzo numero, di cui è rimasta in vendita un’ultima copia cartacea e che difficilmente sarà ristampato, perlomeno in tempi brevi. Se non l’avete ancora letto… buona lettura! Ed ora vi lasciamo alle evocative note archeo-futuriste del sommo aedo Piceno, Hesperus…

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Non possiamo non inaugurare la nostra rubrica musicale senza citare quello che per molti di noi è stato considerato quasi come un disco-manifesto, vale a dire “Il ritorno di una civiltà arcaica” della one man band marchigiana Hesperia. Questa band, costituita dal mascherato e impellicciato Hesperus è pressoché interamente gestita dal licantropo Sibillino, in un complesso lavoro di composizione, ricerca di effetti sonori e temi provenienti dalla cinematografia e di una tecnica chitarristica complessa e poco etichettabile; solo per quanto riguarda la ritmica di batteria il nostro ha ritenuto opportuno avvallarsi di ospiti come session members. Fin dal nome della band, dallo pseudonimo del musicista e dal genere-manifesto da egli stesso attribuitosi, Metallo Hesperiano “Archaic Italic Metal”, è chiaro che ci troviamo di fronte non più ad allusioni epicheggianti dalle tinte casuali, ma bensì ad una sorta di manifesto sonoro, finalmente e giustamente pomposo ed immodesto, quale si adatta perfettamente al tema arcaico di questa sorta di poema epico ed oscuro!

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Il nostro, pur non essendo stato il primo musicista ad evocare questi aspetti di Italicità arcaica nel contesto della musica estrema italiana, ha sicuramente il merito di aver inaugurato un nuovo ciclo di questo genere musicale che ha come pregio e nota di vanto l’orgoglio di non essere in sudditanza psicologica verso i paesi scandinavi o est-europei, in cui questo stile è sicuramente più maturo e coltivato. Hesperia rappresenta a nostro parere quello che la New Wave del Black Metal scandinavo ha rappresentato per la scena estrema nordeuropea, vale a dire un lampo nel cielo tetro destinato a tracciare una lunga strada su cui molti si sarebbero avviati, un punto di partenza per ulteriori esplorazioni. Il secondo disco di Hesperia, “Il ritorno di una civiltà arcaica” uscito nel 2004 ma in realtà parziale riedizione di materiale più vecchio proveniente dal primo demo, è forse il disco che più si avvicina al concetto di disco-manifesto di cui abbiamo parlato qui sopra. Il suono è oscuro e distante, come proveniente da ere passate, e vibra del metallo percosso di una ciclopica fucina. I fumi di acciaio in fusione vanno a perdersi e rarefarsi sorvolando gli specchi oscuri di isolate paludi gorgoglianti dove si celebrano i fasti di una civiltà estinta e di remote vallate montane dove ulula il lupo sibillino guidando le esplorazioni di arcaiche Primavere Sacre. Avvertiamo i nostri lettori che non si tratta di un’opera facile: il suono è duro, ostico, anche per chi è abituato ad aver a che fare con le forme più estreme di Metal. Si tratta di una scelta difficile, impopolare anche in ambiente underground, che costringe ad un ascolto attento, con il volume al massimo del tuo stereo di fiducia, in religioso silenzio. I suoni sono quelli dei primi Bathory oppure di quei demo dei Graveland risorti da qualche cripta polacca, neri gioielli di barbarica maestà. Nonostante ciò non possiamo assolutamente affermare che questo disco di Hesperia sia un’opera passatista che ripropone cliché black metal. La complessità compositiva è più affine al progressive italiano dei ‘70s che Hesperus non manca di omaggiare nei ringraziamenti, e il Sole emerge tra gli sprazzi di nebbia e vapori mefitici in assoli dai toni ‘80s, epici e maestosi. In questo suo secondo lavoro Hesperus si dimostra più maturo nel calibrare il rumore e il caos senza mai permettere loro di rubare spazio alla melodia e all’armonia. Degno di nota è il tappeto sonoro del basso, rumorosissimo e maestoso, che spesso va a sostituire e sovrastare la chitarra, che invece ha una dimensione maggiormente solistica. Minimale e sufficiente la batteria, sia suonata dal session man Vulcano che la drum machine presente nella maggior parte dei pezzi. Anche se chi scrive non è un amante dei virtuosismi batteristici, che trovo spesso fuori luogo nel metal odierno, devo comunque avvisare l’ascoltatore che questo complesso tessuto sonoro con una batteria così minimale può risultare alienante e distante da ciò che siamo abituati comunemente a definire “black metal”.

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Hesperia è quindi Metallo Nero non più nel senso di orrido o tenebroso ma nel senso di occulto, nascosto, misterico in quanto difficilmente comprensibile ad un primo, distratto ascolto. Il disco ripropone un concept con una struttura “su due lati”, in una sorta di tributo ai ‘70s e agli ‘80s, dove si rappresenta una sorta di allegoria dello spirito arcaico italico nella sua fase pre-mitologica che attraverso un passaggio temporale risorge oggi e attraverso la musica moderna trova la sua barbarica espressione. Hesperus descrive una antica civiltà immaginaria, ispirata a come veniva immaginata Hesperia, l’Italia, dai civili Elleni alla vigilia del loro approdo sulle nostre coste, ossia una landa oscura e ostile, dove è sempre sera, ‘terra delle Ombre’ dove regna il cupo bosco appenninico su tutta la sua lunghezza, la palude deltizia o litoranea si impossessa di ogni costa pianeggiante e tetri vulcani scuotono le contrade meridionali come furibondi Ciclopi. Su questa terra, dalle Montagne di Ghiaccio e di Fuoco, domina il mitico tyrannos Hesperus, regnando su di un popolo forgiato dalle più crudeli intemperie e dai rituali misteriosi e barbari agli occhi dei raffinati Elleni.

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La Civiltà Arcaica della Prima Era Hesperiana è quindi una allegoria del nostro più antico passato immaginata o, perché no, visualizzata ed archetipizzata dal nostro artista in questi tre quarti d’ora di epos oscuro e maestoso. Troviamo sul sito ufficiale di Hesperia una descrizione di questa civiltà archetipica, “Una misteriosa civiltà‘ popolava la penisola Italica e parte delle Terre ad essa Occidentali; essa aveva soggiogato i popoli indigeni più primitivi; essa dominava il territorio e viveva in luoghi naturali, dimore e palazzi costruiti come intricati organismi pulsanti, apparentemente simili a rovi, dedali di rami, grovigli inconsueti di sostanze organico-fossili, trappole mortali che unitamente all’asprezza del territorio rappresentavano la vera forza e la vera difesa contro gli invasori”; difficile non notare come la Natura e il Genius Loci dei Sibillini non abbia potuto fare a meno di suggerire vivide immagini in cui Cultura e Natura si fondono come un dedalo inestricabile. Chiaramente si tratta di una metafora artistica, di fantastoria se vogliamo, ma possiamo rispecchiare in questa visione il modo in cui le antiche popolazioni “Umbre”, o Ambrone o Ambro-Liguri che dir si voglia, vale a dire le prime avanguardie indoeuropee della protostoria Italica, furono percepite dalle popolazioni già entrate nella Storia scritta, eco di un topos letterario che fu attribuito dai Romani anche ai Liguri storici, percepiti come “esseri di Natura” e “aborigeni”.

Nell’allegoria di questo disco Hesperus diviene archetipo della Tradizione occultata d’Occidente e del Genius Terrae Italiae, quasi come un aureo Saturno nascosto nel sottosuolo della Storia, un Re del Mondo che si rivela attraverso l’Arte e i sogni.

Questa sorta di zeitgeist, nel concept artistico Hesperiano, è costretto a vagare nello spazio-tempo per scoprire i segreti delle Ere e correggere il dualismo Sole-Luna che causò la fine della Prima Era. Interessante notare come il disco, pur essendo un concept radicalmente diverso ed autonomo, abbia le stesse connotazioni selvagge ed ombrose del magistrale romanzo Le paludi di Hesperia di V.M. Manfredi, opera realmente ispirata e ben diversa dalle peraltro ottime performance letterarie di quell’autore, quasi come se fosse stata ispirata dal tyrannos, dal Genio del Luogo che anche il nostro omonimo artista deve aver colto. Il libro di Manfredi è una delle poche anticipazioni della riemersione del nomen di Hesperia nella cultura popolare in tempi recenti, nell’accezione di Italia Arcaica, nella fiction dell’autore esplorata dall’eroe Diomede al ritorno dalla guerra di Troia.

Il disco si apre con la suite “Introduzione allo Spirito Hesperiano”, in cui si riprende il tema folkeggiante ed oscuro della colonna sonora del Nosferatu di Herzog da parte del gruppo elettronico-ambient tedesco Popul Vuh, unitamente ad effetti sonori dei monti Sibillini, in una atmosfera Appenninica ombrosa e sognante in cui si risveglia il tyrannos Hesperiae, il Genio del Luogo… e si sente! Seguono Il ritorno di una civiltà arcaica e la maestosa riedizione della primitiva traccia demo “the Archetypal Tyrant of Hesperia” l’unica traccia in lingua straniera, che di straniero ha solo quello, in quanto evoca con maestria l’elemento umido della nostra Terra, dalle paludi ai laghi di quota, fino alle tenebrose caverne dove Hesperus dimora. Seguono la violenta e a mio parere un po’ cacofonica “De bello Hesperico”, debitrice di un certo thrash-black metal vecchia scuola, e la lunga, epica e malinconica suite “La Civiltà di Hesperia: cicli di vita hesperiani nei reami del Sole e della Luna”, dove la verve progressive si fa più marcata assieme ai rimandi epici e folkeggianti nella massa grezza del minerale metallico percosso con violenza dal nostro artista. Chiude il disco la maestosa strumentale “Estroduzione allo Spirito Hesperiano: il mio viaggio attraverso i secoli… verso la Seconda Era”, dove la migliore epica black metal chiude in bellezza il disco, lasciandoci con il fiato sospeso in attesa di una prosecuzione. Segue una ghost track ambient molto espressiva, sempre basata sui rumori delle grotte dei Monti Sibillini.

La nostra conclusione è che ci si trova di fronte ad un’opera veramente ispirata, in sintonia con quello Spirito del Luogo che il nostro Sodalizio si è dato il compito di ricercare ed onorare nelle sue molteplici sfaccettature.

Noi amiamo credere che Il ritorno di una civiltà arcaica, come tutta una serie di dischi ed opere underground degli ultimi quindici anni, sarà un giorno ricordato come un tassello importantissimo del Rinascimento Archeofuturista della nostra Terra e delle sue tradizioni. Questo disco, assieme a pochi altri del panorama Italico, ha rappresentato una scintilla artistica che ha accompagnato il fiorire di associazioni e sodalizi giovanili sul fronte che possiamo a questo punto definire Hesperiano nell’accezione di quest’opera, ossia Arcaico Italico, vale a dire uno spontaneo, neo-barbarico, anti-borghese e anti-accademico riappropriarci della nostra Identità, delle nostre Lingue antiche e contemporanee, della nostra Tradizione e dei nostri Luoghi quali depositari di un Sangue e di una Genia. Il nomen di Hesperia, o Espéria, riemerge quindi con prepotenza dalle pieghe della Storia tramite queste opere che non credo di esagerare a definire sciamaniche, quasi chiedendo a gran voce di tornare a risuonare nelle canzoni attorno al fuoco in attesa di nuove battaglie in cui coprirsi di gloria. Il tyrannos chiama… e mille luperci gli rispondono già dalle vallate e dalle paludi… AMBRONES!!!!!

Per contattare Hesperus: http://www.hesperianlands.tk

POST SCRIPTUM: Fra poco uscirà il nuovo disco, ‘SPIRITUS ITALICUS’… da non perdere, come tutti gli altri del Nostro!

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