15° congresso delle Religioni Etniche d’Europa

a cura degli amici dell’Associazione Societas Hesperiana pro Culto Deorum

Come molti di voi sapranno, si è tenuta in Agosto di questo anno, ad Odense in terra di Danimarca, la 15° riunione del Congresso Europeo delle Religioni Etniche. Il Congresso, il cui acronimo è ECER in lingua Inglese, è una organizzazione internazionale improntata sul coordinamento e sulla reciproca assistenza tra Gentili (o ‘pagani etnicisti’ che dir si voglia), attiva nei paesi europei e per i pagani di origine europea nel mondo. L’European Congress of Ethnic Religions nasce nel 1998, in Lituania, ad opera principalmente della maggiore congregazione di culto etnico baltico, Romuva, e del suo portavoce Ionas Trinkunas, un padre ed un pioniere nella rinascita delle nostre religioni avite in Europa, e da parte di altri gruppi e persone che ebbero a cuore fin da subito il progetto provenienti da vari paesi europei. L’organizzazione inizialmente si chiamava World Congress of Ethnic Religions, ed aveva lo scopo di creare una piattaforma di dialogo e mutua assistenza tra tutte le fedi etniche e tradizionali del pianeta, in un opera molto ambiziosa volta alla creazione di un argine spirituale alla globalizzazione e al suo culto del nulla ontologico; in questa fase iniziale si registrò un fortissimo interesse per la rinascita Gentile Europea da parte della tradizione vedica induista e da parte di altre religioni etniche dell’area asiatica dei culti indoeuropei e boreali; da due anni a questa parte si è deciso, realisticamente e coerentemente, di rivolgere gli sforzi unicamente in direzione dell’Europa, delle sue genti e dei suoi culti, pur non chiudendo nessuna porta a quelle tradizioni non europee le quali, senza esprimere la tutta moderna ossessione per una spiritualità globalizzata e mescolata nel calderone della “new age”, si sono disinteressatamente e genuinamente impegnate a donare al progetto la loro esperienza ed i loro consigli preziosi su come sono riusciti a resistere agli abramitismi e alla modernità mantenendo intatta fino ad oggi una tradizione pressoché ininterrotta.Nonostante la distanza, con tutti i problemi ad essa associati, la Societas Hesperiana, membro del Congresso da due anni a questa parte dopo la sua partecipazione all’evento dell’anno precedente svoltosi a Bologna, ha considerato imprescindibile la sua presenza all’evento di quest’anno: nel nostro Paese, recentemente, numerose polemiche e uno stato di confusione generalizzata sembrano paralizzare l’ambiente culturale e religioso Gentile e più genericamente ‘pagano’; l’alto numero di persone sinceramente ben disposte verso la tradizione Italica o verso le tradizioni precristiane in genere viene sovente inficiato da una mancanza di risposte chiare da parte di chi pratica da più tempo i culti aviti. Uno degli scopi del nostro viaggio in Danimarca voleva essere quello di osservare quali sono i pregi e i difetti che rendono così diverso l’ambiente italiano da quello di altri Paesi europei, in alcuni dei quali ricordiamo si è già rotto il muro delle cantine e delle catacombe in cui in troppi ancora sembrano nascondersi: se questo sia un fenomeno positivo e sugli eventuali problemi e falle ad esso connessi torneremo più tardi, per ora basti pensare che l’attivarsi di fenomeni di trasmissione generazionale di una pratica religiosa e di un culto avito è il primo discrimine che distingue la Tradizione dalla semplice erudizione o da, pur nobilissime (si spera…), pratiche esoteriche e\o eclettiche di meditazione e di lavoro spirituale su se stessi.Dopo un viaggio non certo facile, attraverso il Tirolo, la Baviera, la Turingia, il Nord tedesco e la penisola danese, in compagnia di un paio di amici delegati dell’A.R.S.I e di Pietas, arriviamo felicemente ad Odense, città che sorge al centro dell’isola di Fyn, sacra al dio Odhinn da cui tuttora il luogo trae il nome.Cadono subito all’occhio i pregi ed i difetti del nord-Europa: qui da un lato le regole vengono rispettate e nativi ed ospiti sono tenuti a mantenere un atteggiamento consono all’abitare in una nazione europea, dall’altra si percepisce un controllo sociale ed un mercantilismo vittoriani che poco hanno a che vedere con gli antichi Germani, siano quelli provenienti dalle memorie storiche reali quanto quelli degli stereotipi cinematografici e musicali;   Vichinghi, Cimbri e Teutoni apparentemente dormono sonni molto profondi nell’inconscio del popolo danese, non meno di quanto le glorie Romane, Italiche, Elleniche, Gallico-Cisalpine e Longobarde non languano accidiose nell’italiano odierno; di Odino rimane un ricordo flebile, talvolta distorto nella mercurialità di una città dove è più facile trovare prodotti globalizzati o stranieri di quanto si possa reperire qualcosa di danese, talvolta etereo e poetico come il gracchiare di corvi in lontananza od un fiero sguardo antico da parte di un passante che sembra ri-conoscerti, appena castigato sotto una patina di conformismo protestante. Dopo esserci ritrovati con i rappresentanti delle altre organizzazioni pagane che già conoscevamo ed aver stretto la mano agli sconosciuti o a chi conoscevamo solo per fama, passiamo una serata tranquilla in compagnia degli amici della Repubblica Ceca. L’indomani, è il momento delle presentazioni ufficiali, in cui abbiamo illustrato ai presenti un documento di presentazione delle nostre attività in lingua inglese che verrà allegato nel settimo numero della rivista Arya e che sarà prossimamente pubblicato anche in lingua italiana.Non tutti i gruppi aderenti al Congresso erano presenti: purtroppo i costi proibitivi della Danimarca hanno tenuto lontani dalla riunione di quest’anno molti gruppi meno facoltosi, specialmente quelli dell’Europa Orientale.Ottimo il gruppo organizzatore, il Forn Sidr danese, che ha dimostrato di sapere da un lato dialogare con la modernità e dall’altro rimanere una forza genuinamente religiosa ed identitaria, senza snaturare la radice profonda dell’Asatru o prostituirlo in nome di un adattamento eccessivo ai tempi moderni; il dialogo con le istituzioni, che in un paese come la Danimarca evidentemente è possibile, ha portato loro a poter celebrare in maniera ufficiale in alcuni luoghi sacri e alla possibilità di seppellire le ceneri dei loro morti paganamente all’interno di un cimitero pubblico, dove hanno consacrato uno spazio secondo la tradizione nordica. Nonostante queste doverose e giuste conquiste civili, il Forn Sidr danese, differenziandosi da altre federazioni di pagani germanici e nordici, non ha voluto assolutamente cambiare e snaturare il messaggio tradizionale delle diverse componenti religiose germanico-scandinave oggi conosciute collettivamente come ‘Asatru’: è loro ferma convinzione, presentata in modo civile e con i fatti più che con le parole, che l’Asatru è la religione etnica dei germano-scandinavi e non una semplice spiritualità eclettica e neo-pagana di celebrazione animistica praticabile dovunque e da chiunque.Proseguendo con le presentazioni, degna di nota ed assolutamente in linea con la nostra visione del mondo e della religione Gentile etnica Europea la presentazione della tedesca Germanische Glaubens Gemeinschaft, con cui ci riserveremo di rimanere in contatto; il loro impegno nella rivitalizzazione dei Luoghi Sacri germanici e la loro esperienza nella ricerca della loro tradizione etnica sono assolutamente da tenere in considerazione come fonte di ispirazione per noi, per la Societas Hesperiana e per il sodalizio della Via dell’Ambra a cui aderiamo. Degno di nota anche l’interesse del loro portavoce, Geza von Nemenyi, verso le commistioni di confine tra la religio Romana e quella germanica e verso il ruolo di ambasciatore tra le due forme tradizionali che ricoprirono i culti di popolazioni renane ed alpine di origine celtica o retica; non solo abbiamo felicemente scoperto che i suoi studi al riguardo sono andati nella nostra stessa direzione, ma anche che -e questo è molto più rilevante parlando di spiritualità– simili e parallele sono state le intuizioni e le conclusioni di interpretatio.

Degno di nota anche un documento, di natura se vogliamo maggiormente “politica”, letto ai presenti dal rappresentante del Y.S.E.E. greco, scritto di pugno dal presidente dell’organizzazione Vlassis Rassias, a proposito della crisi finanziaria e dell’emergere in essa di fenomeni pericolosi quale il                      neo-feudalesimo economicista e non in ultimo un probabile ed insidioso recupero di terreno da parte degli abramitismi, Cristianesimo ed Islam, i quali troverebbero un terreno facile di ripresa nell’attuale clima socio politico dominato da incertezza e paura diffusa.Alcune delle associazioni, tra cui noi, hanno introdotto in fase di presentazione la loro posizione sul tema di questo anno, che verte su “cosa possiamo dare noi all’Europa e che cosa possono fare le autorità dell’Europa (attuali) per noi”, un tema molto importante, anzi, visti i tempi non è esagerato affermare: ‘scottante’.La nostra posizione è che la Gentilità tradizionale può aiutare l’Europa a ritrovare la sua identità profonda e a rinnovarsi come una società organica ed equilibrata; cosa può dare l’Europa moderna, intesa come UE e come Stati moderni al nostro movimento religioso? Salvo l’eccezione di alcune Nazioni neutrali, come potrebbe essere la stessa Danimarca, o il cui nazionalismo guarda con favore verso una rinascita pagana (forse nessun paese dell’EU, mentre si distinguono con favore Armenia e Bielorussia, ed in parte, in maniera incompleta, Russia ed Islanda), la maggioranza delle istituzioni europee odierne è consciamente o inconsciamente ostile a tutti i valori portati dalla nostra religione: come può un Europa che si identifica in radici giudeo-cristiane o spesso ancora peggio in radici meramente illuministico-relativiste, quindi di fatto a-spirituali, considerare con favore il riaffermarsi di un insieme di religioni che hanno al loro centro la ricerca dell’Equilibrio e del Bello, la sacralità della Natura, il rispetto delle differenze, il rifiuto dell’hybris dissolutoria e tracotante?Consci di questo, e dato il merito ad alcune nazioni per lo meno nel garantire il rispetto delle pratiche religiose dei nostri correligionari, abbiamo bellamente ignorato il problema dedicando i nostri sforzi a parlare di ‘cosa possiamo fare NOI’ per le nostre Terre e per le nostre Genti: sia dal punto di vista culturale che da quello strettamente spirituale i margini sono ampissimi; non è nostro interesse ‘convertire’ masse di persone, ma il nostro impegno sarà sempre rivolto verso la massima conoscenza delle religioni native da parte della popolazione che legittimamente potrebbe praticarle in virtù delle proprie origini etniche, storiche e spirituali. In una situazione in cui la conoscenza  storica, scientifica e teologico-filosofica da una parte ed un re-innamoramento con le proprie radici estetiche, mitiche, fiabesche e genuinamente sanguigne dall’altra avranno nuovamente guadagnato i loro spazi nella società Europea, a prescindere dal paradigma attualmente dominante, chi è ‘anima antica’ e sentirà dentro di se il richiamo verso una pratica religiosa familiare etno-spiritualmente centrata sarà naturalmente propenso a rivolgersi verso le religioni native della propria Terra; senza bisogno di proselitismi, che culturalmente non ci appartengono, le nostre congregazioni si ingrandiranno nel numero e nella qualità dei nuovi aderenti, i quali lungi dall’essere dei “new born”, concetto abominevole parlando di religione ancestrale, sono semplicemente, come noi, persone in cui un sentire profondo presente fin dalla nascita, a cui non si riesce a dare un nome ed una forma, è stato successivamente illuminato dalla conoscenza di se stessi e di ciò che ci ha portato ad esistere nel qui ed ora.

Il nostro soggiorno in terra danese prosegue con un breve viaggio attraverso alcuni luoghi significativi per la Storia e la spiritualità locali, attività che noi rappresentanti della Societas, essendo anche tutti Esploratori, non possiamo non apprezzare. Le nostre guide ci trascinano di dolmen in dolmen, di tumulo in tumulo, dei quali la campagna danese curata e selvaggia allo stesso tempo è disseminata; molti di questi luoghi, è importante sottolinearlo, sono tutt’altro che semplici ruderi di un tempo remoto e pre-germanico, ma tutt’ora utilizzati per rituali e ritrovi da parte della comunità Asatru danese.In uno di questi luoghi, a Poskær, si trova il più antico e grande cerchio megalitico dell’intera Danimarca: qui celebriamo una breve ma intensa celebrazione assieme ad uno dei fondatori del Forn Sidr. Interessante notare, benché le nostre religioni siano di fatto tutte forme di una unica spiritualità nativa Europea (o Indo-Europea), come sia importante rispettare le differenze insite nei luoghi e nelle diverse forme tradizionali: il rito che abbiamo celebrato assieme all’anziano gothi, alla fine di Agosto, è un rito legato al raccolto; nella campagna danese infatti, ancora completamente da  mietere è il grano, che nei nostri lidi è invece già stato raccolto nei giorni del Solstizio d’Estate!Un Calendario religioso, infatti, non è solo un supporto materiale di celebrazione di cicli stagionali, come un’interpretazione materialista o estremamente semplicista vorrebbero, ma bensì richiederebbe una analogia tra quanto celebrato fuori di noi con i processi sottili che si verificano dentro di noi. Come talvolta un calendario mediterraneo come quello di Roma-Urbe o quello attico possono avere discordanze, ad esempio, con i reali cicli naturali dell’Italia settentrionale ed alpina, possiamo osservare anche come i Calendari dell’Europa settentrionale, se applicati alle aree centro-meridionali, possono comunque darci delle risposte spirituali ma di certo non avranno le stesse analogie tra ciò che andiamo a celebrare e ciò che si manifesta nella Natura circostante. Rispettare le differenze tra di Noi, le nostre Terre e le nostre diverse Genti non è un atto di erudizione o di esclusivismo etnico e sciovinista, ma semmai il contrario: è avere rispetto di Se e dell’altro, specialmente se è a noi partente, simile ed amico. Viaggiando a Nord ci si accorge di come, quanto è vero che alcune regionalità italiane hanno alcune delle proprie radici in quei luoghi (che vanno ASSOLUTAMENTE onorate e celebrate paganamente!) , di quanto sia talvolta grottesco e caricaturale l’imitazione in blocco di una tradizione, quella nord-europea, che è viva e vegeta nel suo ambiente naturale, dove è nata, dove ha resistito a mille anni di oppressione e dove sta rinascendo a nuova vita.Proseguendo il nostro viaggio, arriviamo nella cittadina di Jelling, il luogo dove tradizionalmente nasce il nome stesso ‘Danimarca’.Il pullman si arresta nei pressi di un grazioso cimitero, che già a prima vista appare ben diverso dagli angoscianti “decompositoi” voluti dal (presunto) igienismo massonico-giacobino in Italia e in Europa meridionale; il cimitero è un grande giardino di piccole aiuole curatissime, ai piedi di due grandi tombe megalitiche; in una di queste è stata successivamente deposta l’ultima regina pagana di Danimarca, da parte di suo marito il re Gorm il Vecchio, che salutò la consorte dedicandogli una pietra runica tuttora conservata all’esterno; al centro, tra i due tumuli, una chiesetta luterana, quasi in un clima di continuità tra l’antico e il moderno, tra i danesi di ieri e quelli di oggi, che addirittura condividono il luogo del loro riposo eterno; una immagine idilliaca, che però non corrisponde del tutto alla verità: anche in un Paese dove l’ultima generazione nominalmente luterana sembra ormai essersi secolarizzata e pare aver abbandonato i lati più angoscianti ed intolleranti del cristianesimo, l’interno della Chiesa ci rivela una brutta sorpresa: sotto l’altare è sepolto difatti il re Gorm, morto pagano ed asatruar, e l’altare stesso, in luogo dell’usuale croce cristiana che già sarebbe uno sfregio ad un sovrano gentile, è invece sormontato di una menorah, un candelabro tipico del rito israelita. Il candelabro è inserito in una sorta di scultura moderna, realizzata nell’ultimo decennio, che rappresenta le “energie dell’evangelizzazione” che, a partire dal candelabro stesso letteralmente colano sul popolo (evidentemente considerato come naturalmente pagano!) convertendolo, di fatto giudaizzandolo e sostituendo gli spiriti del luogo con spiriti provenienti da quei deserti orientali da cui provenivano gli antichi Ebrei!Lasciandoci indietro questa scena deprimente, che la dice lunga sulle reali motivazioni, anche odierne seppur forse in maniera inconscia, degli abramitismi desertici, ci rechiamo dopo un lungo viaggio fino al complesso sacrale vichingo chiamato Glavendruplund, dove i membri del Forn Sidr sono soliti celebrare i loro rituali e nei cui pressi sono sepolte le ceneri di alcuni padri fondatori della rinascita Asatru. Li festeggiamo un breve ma significativo rituale agli Dei del luogo, che ognuno interpreta secondo il suo pantheon, atto a ricercare la Concordia e la benedizione dei Numi per le attività del Congresso.L’indomani è il giorno della riunione vera e propria; il tema di quest’anno, deciso dal Trinkunas purtroppo assente per problemi di salute, è quello del ruolo della rinascita delle nostre tradizioni etnico-gentilizie all’interno della più vasta problematica dell’identità europea. Vista la vastità del tema, alcuni gruppi leggono i loro comunicati e si decide successivamente di continuare la discussione negli spazi della rivista ufficiale the Oak; nel prossimo numero apparirà anche il nostro intervento, i cui punti principali sono già inseriti nel nostro documento di presentazione diffuso tramite i nostri spazi ufficiali.Passando alla riunione vera e propria, grande spazio richiedono tutte le questioni amministrative: la quota di partecipazione, da 100€ attuali, viene ridotta a 30€ più offerta libera, per venire incontro a paesi massacrati dal carovita o più genericamente con un cambio troppo svantaggioso, come quelli dell’Est; vengono ridefinite le possibilità del Consiglio direttivo ed esso viene rinnovato escludendo membri non più attivi; Federico Fregni, del nostro gruppo, assieme ad un rappresentante greco e ad uno lituano, viene quindi eletto all’unanimità come membro del Consiglio. Vengono inoltre decise le date delle prossime riunioni, che d’ora in avanti saranno tassativamente biennali con la possibilità di indire congressi straordinari fuori calendario. Vengono infatti proposto un congresso ufficiale in occasione della grande festa del Solstizio d’Estate nei pressi di Vilnius, Lituania, un’ottima occasione per rivedere Trinkunas e la sua famiglia, ed un congresso straordinario a Praga, in Repubblica Ceca.Un momento di discussione si presenta quando il rappresentante greco interviene con una proposta: da tempo, di tanto in tanto, rappresentanti delle fedi etniche intervengono al “parlamento delle religioni”, un organismo patrocinato dall’ONU, con lo scopo di attirare l’attenzione dell’opinione pubblica verso tematiche legate alla spiritualità nativa o al rapporto con la Terra; nel caso il prossimo congresso del “parlamento” si trovasse in Bruxelles, come in teoria dovrebbe essere, il rappresentante dell’YSEE desiderava approvassimo sul momento un documento da leggere in quell’occasione, un documento non ancora del tutto ultimato a proposito di come il passaggio dalla gentilità ai monoteismi odierni sia stato tutt’altro che indolore: eccidi, massacri, conversioni forzate, una storia che purtroppo conosciamo bene. Le opinioni, in seguito alla proposta sono state divergenti: i fautori di un “dialogo” con tutte le religioni presenti al “parlamento” osservavano che un intervento così netto e smaccato causerebbe una catena di sospetto ed odio da parte delle religioni maggioritarie nei nostri confronti; altri, giustamente, osservavano che è molto difficile leggere un intervento di questo tipo senza cadere nei due opposti, entrambi grotteschi, dell’anticristiano post-moderno cresciuto a pane e black metal (o anticlericalismo di matrice politica…) da una parte (il che ha poco a che vedere con la pratica reale e quotidiana delle nostre religioni!), e il solito piagnisteo tutto moderno delle “minoranze” che pretendono scuse e spazi dall’altra. La nostra opinione, avvallata anche da amici italiani, cechi, tedeschi e dalle delegazioni del mondo Induista e Sikh presenti come invitati esterni, è che prima di tutto un ipotetico “parlamento delle religioni” è un concetto talmente lontano dalla nostra mentalità che troviamo sbagliato a prescindere riporre fede nelle ipotetiche risoluzioni di una entità simile, nata in contesti politici che definire opinabili è un eufemismo; in secondo luogo, una organizzazione del genere non può essere altri, di fatto, se non la ‘tana delle tigri’: gli abramitismi rappresentano tuttora al giorno d’oggi, in gran parte per il loro essere delle entità politico-consuetudinarie, una forza mediatica difficile da scardinare con sporadiche provocazioni da parte di quelli che per l’opinione pubblica sono solo quattro gatti rievocatori di un passato remoto; i possibili esiti positivi potrebbero essere completamente inficiati da manovre mediatiche opposte, o anche dal semplice ignorare la provocazione da parte delle autorità religiose presenti al “parlamento”. Dal canto nostro abbiamo fatto notare che mentre è possibile ragionare con il singolo abramita e con singoli gruppi di individui e famiglie cristiane, o più raramente islamiche, non è possibile a prescindere un vero e proprio dialogo su di un piano spirituale elevato con le rappresentanze ufficiali di queste religioni (perlomeno quando intese in maniera veramente ortodossa) per la semplice ragione che secondo i loro dogmi la nostra stessa esistenza è basata sul peccato e sull’ignoranza della “vera fede”; dare corda ai monoteismi giudaici equivale ad avvallare il fatto che il re di Danimarca Gorm il Vecchio ora giace contro il suo volere in una chiesa luterana, sotto ad una menorah ebraica, o che gli altari del Fuoco Sacro siano stati spenti in tutta Europa e vicino oriente antico da parte di fanatici cristiani e musulmani. Non proponiamo fanatismo, per questo bastano loro, ma riconosciamo che se la Natura ci ha fatti parte di un Tutto, all’interno di esso l’olio è connotato per galleggiare sull’acqua e l’oro per essere distinto dal piombo o dal ferro; un dialogo con altre fedi è possibile solo quando esse partono del presupposto che non esiste un unica via per il divino.Un dialogo con gli abramitismi non sarà mai possibile fino a che queste religioni continueranno a mantenere volutamente interrotto il filo diretto tra noi ed i nostri Avi tramite la mistificazione, la menzogna, l’ignoranza, il matrimonio traballante ma spietato con le istituzioni secolari e non in ultimo la strumentalizzazione di autori, pratiche religiose e concetti Gentili etnici. Come giustamente hanno ricordato i delegati indiani, le cui religioni cugine alle nostre pur rischiando di essere interrotte hanno superato i terribili assalti del fanatismo abramitico, il “politicamente corretto” e la modernità a-spirituale per quanto apparentemente stiano danneggiando il cristianesimo non sono e non potranno mai essere forze al nostro servizio: lungi dall’essere forze di de-abramitizzazione, le acque corrosive della modernità sono piuttosto un cristianesimo od un islam più insidiosi, una ideologia politico-religiosa tipicamente abramitica ma senza più bisogno di un dio figurato, in cui le superstizioni desertiche escono dalla porta e rientrano evanescenti dalla finestra sotto forma di dissoluzione di ogni concetto di ordine naturale delle cose.

L’ultima giornata di congresso si è svolta invece come aperta al pubblico; all’interno di una scuola si sono tenute conferenze e proiettati video e fotografie a proposito dei più svariati aspetti delle nostre tradizioni indoeuropee.Morten Tirsson, capo di una delle congregazioni che, confederate, danno vita al Forn Sidr danese, ha tenuto una piccola conferenza a proposito dell’Asatru e degli Dei del Nord, allo scopo di introdurre chiunque fosse completamente acerbo a questi argomenti. Una pregevole conferenza è stata tenuta dal professore universitario, e membro del Forn Sidr, Mikael Aktor; l’argomento del suo discorso era a proposito delle immagini divine e del loro culto, come fu un tempo in Occidente e come ancora perdura in India; al di la dell’ottima trattazione e preparazione del docente, di stampo universitario, quello che maggiormente ci interessa è altro: Aktor si chiede ad un certo punto quanto sia etico che immagini divine che sono state effettivamente venerate per secoli rimangano esposte nei musei, e quanto questo trattamento sia una protezione o piuttosto una sorta di ‘prigionia’. Questo crediamo faccia parte integrante della solita annosa questione del nostro rapporto con la modernità ed i monoteismi: non siamo alienati, non siamo fanatici, sappiamo benissimo che la rinascenza del nostro culto per ora è vista semplicemente come il romanticismo di pochissimi contrapposto alle abitudini di molti, ma crediamo sia sempre opportuno ricordarsi che nei paradigmi culturali e religiosi attualmente dominanti i nostri Numi sono muta archeologia per alcuni o non-esistenza (o peggio malvagità demoniaca!) per altri. Ci chiediamo da dove possa nascere rispetto nei nostri confronti partendo da presupposti del genere. Una possibile risposta a questo quesito può essere rintracciata in una azione culturale in cui venga pian piano smascherato quanto il mondo moderno, sia nella sua veste illuminista e a-religiosa, sia nella sua veste di monopolio spirituale (sino ad ora) essenzialmente abramitico, sia in realtà debitore delle civiltà dei nostri Avi arii, indoeuropei o più genericamente antico-europei e di come queste antiche civilizzazioni fossero inscindibili dal loro approccio religioso: quando esso è venuto a meno, la stessa civiltà materiale ha sperimentato ovunque un crollo terrificante, mai visto nella Storia occidentale in tempi storici. Il matrimonio difficile ma in fieri da almeno tre secoli tra un cristianesimo mascherato da religione razionale e “maggiormente evoluta” ed una modernità che nasconde i suoi aspetti meramente e spietatamente economicisti dietro una facciata di politicamente corretto, si regge unicamente sul ‘furto sacro’ operato da entrambi nei confronti della vera, autentica e insindacabilmente pagana-gentile Civiltà Europea.Contenti di quanto questi argomenti, da noi sempre tenuti in altissima considerazione siano condivisi anche presso le comunità gentili di altri paesi europei ed addirittura extraeuropei, il resto della giornata è passata in maniera proficua e tranquilla. Non mancano momenti più mistici e religiosi: le cantanti\sciamane Luna Heschen e Nanna Bomholt ci danno entrambe alcune dimostrazioni pratiche di canto runico e dell’uso della voce nello sciamanismo nordico; il Seidhr, così si chiama questa antichissima pratica, è una forma di culto essenzialmente, ma non solo, femminile, connessa alle deità della terza funzione chiamate Vanir nella mitologia nordica, la ‘venusiana’ Freya in primis, oltre che ad Odhinn stesso. Nonostante fosse una mera dimostrazione, si percepiva chiaramente come Nanna fosse in grado di evocare le forze curative e sciamaniche dei Vanir, depositaria di una tradizione forse precedente ai Germani stessi.Tra caffé, torta e saluti la conferenza si chiude per quest’anno; alla sera un’ultima informale tavola rotonda rinnova i rapporti di stima tra individui ed associazioni. L’indomani, dopo un’ultima chiacchierata durante la colazione con i tedeschi della GGG, giunge davvero il tempo di andare, di attraversare per la loro interezza le vastità germaniche dove già il tempo inizia a volgere gradualmente verso l’autunno, attraversare le Alpi e tornare nuovamente a casa, in una ancora troppo torrida Pianura Padana.E’ importante fare alcune considerazioni, al seguito di questo proficuo evento.Prima di tutto quanto da noi osservato durante l’evento è una situazione di ottima predisposizione verso la collaborazione tra le diverse forze di rinascenza delle nostre religioni gentilizie, ma anche di confusione a proposito dei mezzi a nostra disposizione per rendere efficace, proficua e concertata questa azione comune di attivismo religioso; il congresso stesso pensiamo debba essere maggiormente un Congresso, con la sfumatura che poteva avere il Congresso Indiano nel secolo scorso, piuttosto che una ‘riunione’: mantenendo le nostre differenze e specificità etniche e religiose, sarebbe forse opportuno chiarire una volta per tutte che, come famiglia e non come blocco monolitico e dogmatico, la nostra Religione è UNA e caratterizzata dall’essere Europei etnici, dal concepire la Divinità come polimorfa e almeno sul piano della manifestazione come politeistica, dall’onorare le varie sfumature del Mos Maiorum, vale a dire dei costumi religiosi degli Avi che ci hanno preceduto, dal rispettare l’ordine naturale delle cose; non siamo al corrente di nessuna delle forme delle nostre tradizioni che non contemplino questi punti in comune! Se qualcuno dissente da ciò, non è perché la sua tradizione lo nega, ma perché come individuo evidentemente non contempla tutti gli aspetti della Pietas del proprio culto, ponendosene nei fatti ai limiti, o al di fuori. Un discorso a proposito del ‘limes’, del confine tra chi è pagano-gentile tradizionale e chi non può esserlo, crediamo dovrà essere affrontato nuovamente in futuro con serenità ma anche con decisione. Al di la dell’aspetto culturale e “politico” del Congresso, che non riteniamo sbagliato in se ma che riteniamo potrebbe migliorare i suoi strumenti di analisi strategica, a noi piacerebbe che alcuni problemi siano affrontati con una logica più adatta ad una riunione religiosa, ossia affrontando teologicamente e filosoficamente alcune questioni, tra cui quella di cosa significhi essere Gentili\Etnikoi e quale sia il Limes esistente tra la Tradizione (che non è dogma o cosa morta e passata!) e chi invece opera spiritualmente ,magari al meglio relativo a se stesso e per chi gli è vicino, ma al di fuori del solco tracciato dai nostri Avi, che è invece il valore fondante che ci ha uniti tutti. Analizzare i problemi a partire da un approccio teologico dovrebbe essere il giusto antidoto al farsi trascinare nei propri giudizi organizzativi dalla simpatia o antipatia verso persone e situazioni, dalle simpatie legate alla politica moderna, che ricordiamo essere per forza di cose diversissima di Paese in Paese al di la delle simbologie e delle sigle, dall’individualismo e dall’eccesso di sentimentalismo; darsi una dimensione più religiosa e più di ricerca spirituale potrebbe essere quel salto di qualità in più che, unito ad una maggior attenzione agli aspetti organizzativi e comunicativi, potrebbe far spiccare il volo a questa ottima idea di Congresso delle Religioni Etniche; l’Idea la troviamo ottima, i difetti superabili: ci si chiede solamente come sia stato possibile che in quindici anni ci siano stati così pochi risultati tangibili tanto comunicativi, tanto organizzativi quanto pure di concertazione spirituale e teologico-filosofica tra gli aderenti. Noi crediamo che i limiti principali, perfettamente superabili, anche in vista del fatto che questi problemi sono stati in parte riscontrati e discussi anche da altri, risiedono nel fatto che un Congresso Religioso non può fermarsi ad una riunione di associazioni e nella necessaria distinzione, non categorica ma dovuta, tra quanto è Tradizione e quanto è ‘folklore’.In Italia, di fronte ad una situazione di estremo accademismo, di commistione a tratti esagerata tra l’interesse religioso e un mondo fatto di libri, conferenze e interessamento per tematiche esoteriche e di alta filosofia, siamo stati i primi a parlare di ‘folklore come libro vivente dei nostri popoli’ e di puntare l’attenzione sul prestare una maggiore attenzione ad una propagazione vitale e condivisa su  più livelli della Tradizione, sul fatto di non lasciarla morire nelle trattazioni e nelle speculazioni, sulla verità del suo perpetrarsi nelle singole tradizioni locali, che lungi dall’essere morte possono in ogni momento essere rivitalizzate; osservando la situazione Europea, ci rendiamo conto di quanto potrebbe sussistere e presentarsi come limite del fenomeno ‘pagano’ anche un problema opposto, ossia l’assenza di una verticalità e di fatto anche di una teologia: il fossilizzarsi sul folklore, sulla ripetizione di gesti e tradizioni, sul sentire meramente individuale (che comunque è importante!), sulla parità ontologica di qualsiasi interpretazione, sul mettere sullo stesso piano QUALSIASI tradizione e qualsiasi approccio al divino sono tutti rischi che potrebbero depotenziare e sviare la rinascenza pagana-gentile, trasformandola in un fenomeno di costume e di apparenza. Una continua osservazione reciproca ed un maggiore dialogo a proposito di questioni spirituali e teologiche potrebbe essere la soluzione: un mero collezionare usi e costumi crediamo esca dal solco delle attività di un Congresso religioso e che per forza di cose, a livello prima di tutto autopercettivo, ci ponga su di un piano di sudditanza ed inferiorità nei confronti dell’approccio antropologista ed evoluzionista, che vede le nostre pratiche religiose unicamente come rimanenze del passato, e persino nei confronti delle religioni maggioritarie, che di certo non possono permettersi di snobbare la teologia. I nostri antichi teologi non furono inferiori a quelli monoteisti e per quanto il folklore e la caparbietà delle nostre genti resistettero per quasi un millennio o più alla marea abramitica, fu solo con l’eliminazione fisica delle elites religiose e culturali dei nostri popoli che passò il messaggio falso e fuorviante del cristianesimo come “religione filosoficamente più evoluta”.Questa falsità, origine del matrimonio di convenienza tra le abitudini religiose predominanti e le attitudini politico-economiche attualmente vigenti, entrambe come abbiamo visto genericamente ostili verso il nostro atteggiamento al Divino e al mondo, è ciò che un vero Congresso delle nostre religioni dovrebbe più combattere: noi non siamo solo una accozzaglia di tribù, noi non vogliamo semplicemente essere lasciati in pace nelle catacombe e nelle librerie come vorrebbe qualcuno o ad arrostire salsicce in riva al fiume come vorrebbero altri, noi siamo espressione di una Legge, di una Tradizione, mai morte ma semplicemente in parte eclissate e nascoste; se così non fosse noi non saremmo ancora qui, poiché il Sole non è meno vero durante la notte ed una verità non è meno vera se coperta da un coro di bugie, anche perché nessun gentile ha mai affermato che questa nostra Verità sia per forza di cose l’unica.Dall’estero, dagli altri nostri correligionari in altri paesi d’Europa, noi abbiamo capito ancor meglio quali sono i punti di forza di una Gentilità Italica e quali invece potrebbero essere le nostre debolezze. Dal nostro viaggio in Danimarca, ospiti del Forn Sidr, abbiamo compreso ancor meglio quali sono i punti su cui dobbiamo continuare a perseverare e abbiamo osservato con soddisfazione che molti di questi li abbiamo già da tempo fissati tra le nostre priorità.La nostra attenzione sarà rivolta sempre di più alla trasmissione culturale e biologica della nostra eredità, alla rinascita di una vera Comunità; i bambini e le donne dovranno essere sempre di più l’anima del rifiorire della Tradizione; il discorso identitario e folklorico non dovrà mai venire a meno, ma dovrà essere sempre guidato dalla luce di un ordinamento superiore della civiltà e dell’individuo e mai espressione individualistica e superstiziosa sempre uguale a se stessa. E’ stato pari merito illuminante per noi constatare dai racconti di molte organizzazioni presenti che, come pensavamo, l’aggressione della post-modernità omologante, e in particolare di tutta quella famiglia di estremismi politici nascosti sotto la facciata del ‘politicamente corretto’ e dell’iper-relativismo odierni, rimanga la principale fonte di resistenza sociale, culturale e pure di massa critica eggregorica all’idea di Armonia a cui ci ispiriamo: combattere questi fenomeni di intolleranza anti-pagana, talvolta tristemente portati avanti da ascari interni al movimento stesso a causa del non essere in grado di distinguere le proprie scelte politiche, o peggio ancora di costume, dalla propria identità etnica e religiosa, non significa per noi uno ‘schierarsi’ politicamente parlando in senso moderno, ma è atto dovuto di fronte a chi ha difeso la Pax Deorum Hominumque in passato e sovente ha dato persino la vita per un ideale di Armonia contrapponendosi alle orde di fanatici che impongono “amore e tolleranza” a colpi di mannaia, di roghi e di cappi, reali o metaforici che siano.Auspicando una sempre maggior attenzione su queste tematiche e facendo i nostri migliori auguri al nuovo corso dell’Ecer, ci aspettiamo di continuare il discorso in maniera proficua il prossimo anno a Praga e fra due anni in Lituania; ci aspettiamo che, magari incoraggiati dalla nostra recensione-invito, tutte quelle forze umane ed organizzative che siano sinceramente interessate all’idea di un Congresso di noi pagani tradizionali o gentili\etnikoi che dir si voglia, si interessino sempre di più a questo progetto, magari approfittando delle relative vicinanza ed economicità dell’evento del prossimo anno partecipando come osservatori. Se il Congresso è ‘nostro’, nostra è la responsabilità per ogni suo pregio e per ogni suo difetto, nonché delle conseguenze di ogni sua scelta, piccola o grande che sia; consci di questo, noi della Societas Hesperiana abbiamo fatto la nostra scelta e mettiamo liberamente a disposizione dei nostri fratelli Europei la nostra esperienza, la nostra volontà, la nostra giovinezza.

Che gli Dei siano con noi e che possano vegliare sulle attività del Congresso, ispirandoci sempre verso la Pietas e la Pax Deorum!

Leave A Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *